Non pensavo
ci fosse questo vento. Le onde non sono alte
ma, dalla cima, spruzzano una
schiumetta che quando trova una bocca aperta a respirare, ci si
infila superando agevolmente la diga del labbro. L'acqua vicino alla
riva è intorbidita
da residui organici trasportati a riva dalle onde e, a parte due
bambini che giocano sul bagnasciuga sotto
l'occhio attento dei genitori, per tutto
il chilometro della spiaggia, nessuno è in acqua. Sono venuto qui
per nuotare, la mamma non è qui per
dirmi di non entrare, il bagnino
è distratto
e non voglio rinunciare per una piccola difficoltà meteorologica,
sarebbe
come rinunciare ad andare oltre quando in bici si incontra una
salita; anzi, la prendo come una sfida: se riesco a nuotare oggi, la
mia confidenza con il mare potrebbe
diventare
vera amicizia.
Metto gli occhialini, li schiaccio
contro il viso per fare effetto ventosa e tenere i
flutti fuori dagli occhi
e mi tuffo.
Quando si nuota
“controonda”, la velocità dell'onda e quella del nuotatore, si
sommano aumentando notevolmente la frequenza dei picchi; il mare
sembra rugoso, sconnesso e le crestine schiumose si susseguono
rapide. Dopo un brevissimo disagio iniziale, mi abituo al sapore
salato dell'acqua. Qui al largo è trasparente e posso vedere che,
molto lentamente, ma mi sto muovendo. Per aumentare le difficoltà, decido di fare un esercizio: respiro ogni 5 bracciate per 6 volte consecutive, poi ogni
3 bracciate quanto basta per rifiatare, poi ogni 7 bracciate per 4
volte consecutive … e così via per 5 volte. È un esercizio da
piscina, dove durante le respirazioni della serie da 7 bracciate si è
sicuri di inspirare aria e non acqua. Qui invece ogni respirazione è
a sorpresa e se entra acqua bisogna chiudere immediatamente la bocca
e sperare in miglior fortuna dopo altre sette bracciate. Fatto così,
l'esercizio serve a dimostrare che respirare è un optional per
mollaccioni. Mi sto divertendo davvero molto ad annaspare ma una
linea di boe mi induce a ritornare indietro.
Con l'onda a
favore invece le velocità dell'onda e del nuotatore si sottraggono e
il mare si alliscia. Gli incontri con le creste d'onda sono molto
meno frequenti ma durano più a lungo aumentando il volume delle
sorsate; però, complessivamente, si nuota più facilmente. Forse
troppo. Decido allora di fare un altro esercizio: una cinquantina di
metri a tutta (facendo molti schizzi), un recupero tranquillo e poi
si ripete. I 50 metri li misuro così: quando non ce la faccio più,
faccio ancora 4 bracciate a tutta poi altre due e infine rallento
stremato. Mi accorgo che quando nuoto veloce non bevo, è come se mi
sollevassi di qualche centimetro, tipo hovercraft; in compenso, appena
rallento e mi adagio stravolto a pelo d'acqua, arriva la solita
ondina a riempirmi la bocca. Dopo 4 o 5 ripetizioni veloci, mi
ritrovo davanti all'asciugamano. Sono proprio stanco. Per oggi
potrebbe bastare, penso, ma con un impeto di autoeroismo, mi
costringo a continuare per qualche centinaio di metri.
Quando esco
dall'acqua, mi guardo intorno in cerca di pubblica ammirazione ma
nessuno mi guarda anche perché il sole è calato e in spiaggia non
c'è più nessuno. Non importa. Ho nuotato un paio di chilometri in
poco meno di un'ora ma ho bevuto tanta di quell'acqua che mi sento un
eroe.
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