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Foto di Arnaldo Aru |
Nell'unico punto un po' tecnico, in
ripida discesa e leggermente sconnesso, dimezzo il distacco con
Efisio Erriu che mi precede. Lui è più forte di me, ultimamente in
strada mi batte regolarmente, ma qui sono avvantaggiato perché le
pietre mi sono amiche. Poi, dopo un guado, la strada spiana e
lui si riallontana progressivamente. Di nuovo solo. Ne approfitto per
sperimentare, in vista del passatore, diverse tecniche di corsa in
discesa: prima spingo con le natiche, poi provo un passo
innovativo con atterraggio sull'avampiede che avevo scoperto lunedì,
quando la sensibilità dei quadricipiti, acuita dal massacro di 60 km
del giorno prima, mi aveva indotto a provare nuove posture e
ammortizzatori per non urlare dal dolore ad ogni passo. Non noto
particolari differenze di velocità percui le tengo buone entrambe in
vista del massiccio turnover muscolare che dovrò fare negli ultimi
cinquanta chilometri del passatore. L'andatura a quattro zampe me la
tengo solo per casi di estrema necessità. Arrivato sull'asfalto
torno con la testa alla gara di oggi. Comincia la salita; è ripidina
e faccio fatica ma scorgo avanti a me la sagoma di Fabrizio Serafini
e decido di forzare il fiato per tenere alta l'andatura e provare a
raggiungerlo. Si avvicina sempre di più tanto che alla fine della
salita gli sono quasi addosso. In discesa si difende. Sono stanco e
gli resto dietro valutando se tentare o meno un attacco. Vale la pena
soffrire per provare a guadagnare una posizione? Non mi sento sicuro
e aspetto. Ora ci stiamo avvicinando anche ad Efisio, ma quando si
accorge di noi accelera e riesce a tenere un centinaio di metri di
vantaggio. Non so quanto manca all'arrivo, non credo molto, dovrei
essere in sesta posizione. Le gambe mi dicono che va bene così. La
testa pure. Non so allora chi sia stato a dirmi di provare un attacco
– forse i genitali? Di fatto mi ritrovo a spingere e in un attimo
supero Fabrizio, che non ha la forza di reagire. Raggiungo Efisio che
però resiste. Gente a bordo strada dice che mancano 3 km e mezzo.
“Forse meno” dice un altro. Io pensavo che il traguardo fosse
dietro la curva, stavo facendo l'allungo finale e mi scoraggio ma
Efisio si scoraggia più di me e finalmente si stacca. Sono al limite
da un po' e l'ultima salita la corro soffrendo ma continuo a
guadagnar terreno sui due dietro. A questo punto è discesa. Quando
vedo il giudice federale Spanedda, capisco che questa è davvero
l'ultima curva e scopro di aver ancora la forza di accelerare. Con un gesto sollecito l'applauso del pubblico, sento di meritarlo, e passo il
traguardo in quarta posizione. Il secondo e il terzo hanno ancora il fiatone
per il loro sprint. Valeva la pena soffrire? Alla foto la risposta.
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Foto di Antonio Cuccu |
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