In fondo errare mi piace: errare,
vagare senza fine e senza meta. Girovagare intorno al punto di
partenza o peregrinare in una direzione precisa; verso est come
facevano gli antichi romani: “errare humanum est” (l'uomo vaga
verso est) o, come gli antichi fiorentini, verso nord-est: “errare
humanum nord-est” e da Firenze andavano a finire in Romagna, spesso
a Faenza.
Forse questa storia l'avete già letta
su questo blog. La storia dell'asino errante che insiste a voler
correre per 100 km consecutivi, per 9 ore senza sosta ma che,
errando, non ci riesce. E ci riprova più volte dimenticando l'incubo
di quell'infinita striscia d'asfalto, di quella salita interminabile
che porta solo all'inizio di una discesa ancora più lunga;
dimenticando, o fingendo di dimenticare, le ore di tortura, le
continue percosse dell'asfalto sui muscoli martoriati delle cosce. Destinato ad
un ineluttabile fallimento; in una parola: velleitario.
Il 30 maggio 2015, sarò a Firenze,
alla partenza della 100 km del passatore e la finirò in 9 ore, senza
soffrire.
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