Domenica mattina; allo specchio ho
visto una faccia spiegazzata. Facendo la barba speravo di togliermi
quell'espressione stropicciata. Ho continuato a passare il rasoio per
15 minuti ma non se ne andava; non era colpa dei peli, era nella
pelle o forse anche più giù. Ero stropicciato dentro.
Nelle settimane prima della
gara, la forma, dopo una serie di su e giù, si era stabilizzata su
un livello di discreta mediocrità. Basandomi sulle prove fatte in
allenamento, avrei forse potuto puntare a migliorare il mio record
annuale sulla distanza, l'allora deludente 1h22'47” di marzo ad
Oristano. Dovevo puntare alla cieca però. Con i polsi liberi da
qualsiasi strumento di misura, gli unici riferimenti sarebbero state
le sensazioni trasmesse al cervello da gambe, cuore e polmoni. Pure
pulsioni sensoriali, nessun calcolo razionale, la mente completamente
libera e inconsapevole come quella di un adolescente, anche se un po'
stropicciata dal tempo. L'anno scorso mi avevano assegnato il bollino
rosso, non per le mie attività di pornostar ma per poter accedere
alla griglia dei più forti. Quest'anno invece sono stato giustamente
retrocesso nel mucchio indistinto della plebe podistica in lotta
corpo a corpo per una buona posizione di partenza. Purtroppo mi son
ritrovato nell'area post cagotto, non alleggerito per aver
espletato funzioni corporali ma appesantito da funzioni presidenziali
dell'ultimo minuto e nonostante i trattati studiati e scritti
sull'argomento, non ho saputo far meglio che raggiungere le ultime
posizioni dell'area esperti. Davanti a me, un migliaio di
podisti. Partendo da dietro, però avrei potuto controllare quelli
che sorpassavo … dov'era Francesco? E Teo? In partenza ho
impiegato mezzo minuto per passare sulla linea di partenza. Lungo
tutto il primo chilometro poi è stato piuttosto difficile
districarsi fra centinaia di podisti lenti. Senza farmi prendere
dalla frenesia, mi sono liberato abbastanza presto, cominciando a
correre veloce verso il centro di Cagliari. Poi la breve salita di
Largo Carlo Felice, la discesa lungo il Corso, il passaggio nel
mercato e i primi 5 chilometri sono passati piacevolmente nel centro
città. Ho raggiunto due colleghi ultra-top: Stefano ed Enrico, che
hanno fatto un po' di strada con me. La gente a bordo strada era
numerosa ma ognuno incitava solo i suoi atleti personali; per me ce
n'erano pochi, in compenso ho notato che Stefano è molto popolare in
città. Il percorso ci ha ricondotti al punto di partenza e poi
oltre, verso il poetto. Le gambe giravano bene e continuavo ad andare
ad una buona anche se misteriosa andatura, superando atleti anche
forti. Enrico intanto si era staccato mentre Stefano mi seguiva senza
problemi. Anche la distanza mi restava ignota per lunghi tratti in
quanto molti dei cartelli chilometrici giacevano buttati per terra.
Davanti
a me, più di una volta mi era parso di scorgere Francesco ma non era
mai lui. Anche lui, come mi ha poi raccontato, si voltava a guardare
quelli che lo stavano raggiungendo con l'incubo di vedermi passare
dicendo “ehilà Francesco, come stai?” come al triathlon del
Forte Village. Dopo il lungomare del poetto, il percorso si inoltrava
nel parco delle saline lungo un breve tratto di strada sterrata
controvento. Ho accelerato per raggiungere il gruppetto davanti e
restare al riparo dal vento e poi accelerato di nuovo per star dietro
a gente più veloce. Le gambe rispondevano bene e appena la strada ha
girato perpendicolare al vento, mi sono messo io a fare l'andatura.
Intorno
al quattordicesimo chilometro, finalmente ho raggiunto Teo. Sta
diventando sempre più forte e riuscire
a raggiungerlo è stata
una bella soddisfazione e un sollievo.
Al diciassettesimo
chilometro il percorso seguiva
la pista ciclabile che costeggia un
canale fino al porticciolo di Su Siccu. La
stanchezza cominciava a farsi sentire ma non mancava
molto e come ormai so
bene, gli ultimi chilometri si deve solo resistere.
Dopo essersi staccato leggermente nel passaggio alle saline, Stefano
era di nuovo dietro di me. Ho rallentato un po' e finalmente mi ha
superato. In una salitella intorno all'ultimo chilometro mi ha anche
staccato leggermente ma poco
dopo l'ingresso in pista per gli ultimi 300 metri sono riuscito a
riaccodarmi a lui. Nel rettilineo finale, una giovane atleta, appena
superata, ci ha reso il favore con una bellissima sparata. Non mi è
scattata la molla della cattiveria (una donna e un amico) e mi sono
docilmente limitato a seguirli. L'orologio all'arrivo segnava
1h23'17. Finalmente ho visto Francesco, fresco e sorridente; era
contentissimo di avermi battuto … almeno così credevamo … e gli
ho concesso l'onore delle armi.
Appena arrivato a casa mi
sono seduto al computer a controllare i risultati ufficiali. Tenendo
conto del ritardo alla partenza, la correzione del “real time” mi
ha dato 1h22'47”, esattamente come ad Oristano! Voglio immaginare
di essermi migliorato di frazioni di secondo – tutto il resto
sarebbe stata fatica sprecata – e che quindi, andando puramente a
sensazione, ho fatto molto meglio che con i mille calcoli di Torino.
Controllo i “real time” di Francesco e di Stefano: 1h22'49 e
1h22'51 e mi prendo una rivincita sia pure risicata e postuma. Cosa
faccio? Chiamo Francesco? Forse più tardi, c'è tempo.
Mi guardo allo specchio con
un sorriso: le pieghe si sono spianate.
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