Stanotte, seduto sul cesso, mi sono
posto grosse domande e ho concepito risposte altrettanto grosse.
L'interrogativo principale, una questione che giornalisti e scrittori
contemporanei non possono non avere affrontato, è come definire,
evitando termini volgari, quelle due fasce di popolazione che stanno
pian piano riempiendo il mondo: gli stronzi e i coglioni.
Oggi parliamo del primo tipo. Come
definirli altrimenti? Cattivi, prepotenti, marrani, incivili, odiosi?
“Guarda quell'uomo cattivo che guida
con prepotenza la sua grossa macchina!”
“Chi? Quello? Io vedo solo uno
stronzo.”
Già in passato mi ero chiesto come
appellare questa gente senza scendere al loro livello ma dopo aver
lanciato qualche “lei è proprio incivile” che usciva già moscio
dalla bocca e cadeva a terra sfiorando appena i piedi dello stronzo,
mi sono reso conto che era ora di “sdoganare” questo termine
aprendogli il paradiso dello Zingarelli e della mia bocca. “Stronzo!”
Ecco, l'ho detto. Se le parole servono per comunicare, è meglio non
fare gli schizzinosi di fronte ad un termine così comunicativo.
Trovo molto più volgari i puntini e i “beep” che coprono
ipocritamente l'audio.
Perché non esiste un termine
appropriato? Il problema principale è che il linguaggio “ufficiale”
fatica a seguire la precipitosa evoluzione della società.
Quando ero ragazzo gli stronzi erano
pochi ma era pieno di “teste di cazzo”. Molti di questi sono
morti, qualcuno s'è ravveduto ritirandosi in convento; gli altri si
sono evoluti quasi tutti in stronzi. Non è che prima non lo fossero: lo sono sempre stati ma non si riuscivano ad esprimere appieno.
Adesso, fra mutui e leasing, quasi tutti possono permettersi di
comprare un SUV e, finalmente, dar sfogo a tutta la loro
stronzaggine.
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