Avevo atteso 7 mesi per recuperare
l'ora di sonno persa a fine marzo, con l'inizio dell'ora legale.
Ne avrei avuto proprio bisogno – mi
sarei alzato alle 10 scoprendo che erano le 9, sarei rimasto un'altra
ora a letto e la stanchezza di tutti questi mesi sarebbe sparita
magicamente – ma domenica alle 5 suona la sveglia. È ora di
prepararsi per andare al lavoro. C'è una missione da compiere, amici
da battere. I polpacci sono indolenziti e scendo le scale attaccato
alla ringhiera. Il cuore ballonzola irregolare. Non ho ancora
digerito la cena buffet della sera prima e la pancia brontola. Ma
dove vado? E perché?
Per dare un significato a questa
levataccia, mentre guido la mia auto ascoltando Frank Zappa che mi
prende in giro, scatto con gli occhi fotografie al cielo che si
colora del rosso dell'alba e le memorizzo nel cervello. Pare proprio
una bella giornata e sto andando a fare la più bella delle gare.
Nonostante me, credo che mi divertirò.
In zona cambio i miei vicini vip
accarezzano le loro bici per togliere l'umidino della notte e
gonfiano le ruote a 9 bar … io i 9 bar li girerò dopo la gara per
le birre e mi basta un pizzicotto al culo delle gomme per sentirle
belle sode. Sono un proletario della zona cambio e sono finito qui
per un equivoco.
Pronti a schizzare! Foto di Arnaldo Aru |
Ammucchiati in spiaggia, eccitati come
spermatozoi in attesa, aspettiamo il via libera per schizzare. Non ho
nessuna speranza di raggiungere per primo l'ovulo e mi tolgo dalla
mischia per godermi la nuotata. L'acqua è liscia e piacevole. Non
spingo ma curo la bracciatina tecnica che sto imparando in piscina:
la mano sfiora l'acqua elegante e quando arriva all'orecchio si
infila in acqua, si appoggia piegata verso il basso allungandosi in
avanti poi, disegna una “s” tornando indietro con le dita chiuse
– una specie di nuoto sincronizzato, insomma. Qui mi riesce meglio
che in piscina: la muta mi tiene su e non devo pensare a non
annegare. Le boe filano lisce e relativamente veloci. Passeggiando,
con poca fatica e nessun affanno, finisco in 40', un buon tempo per i
miei standard anche se l'ovulo è stato fecondato da un quarto d'ora.
Come previsto, sto scivolando come una supposta verso il traguardo.
Nella zona vip della zona cambio è rimasta solo la mia cara vecchia
carretta ad aspettarmi. “Ma ora li riprendiamo tutti quei palloni
gonfiati, vero bella?” Tanto non conta la bici, contano le gambe.
Ah, già, le gambe. Mi ero scordato di non essere allenato. I novanta
chilometri della distanza di gara non li faccio da almeno 6 mesi.
Ma si comincia con brio; in salita
spingendo “il giusto” e in discesa volando. 30 km nella prima
ora: non è male. Dopo Teulada il percorso diventa più facile ma
fatico a spingere e mi superano molti di quelli che avevo
sbeffeggiato prima. I quadricipiti si svuotano progressivamente.
Andando verso il giro di boa, incrocio Francesco che è decisamente
lontano e poi Teo, molto più vicino; forse lo potrei raggiungere,
basterebbe spingere un po' più forte ma non ci riesco proprio e mi
devo rassegnare. Quando si ritorna sui saliscendi della strada
litoranea, le variazioni di pendenza e i panorami spettacolari mi
rianimano e recupero qualche posizione ma non mi diverto più. La
stanchezza aumenta e ora anche la schiena duole. Sono a fine turno o,
forse meglio, alla vigilia della pensione. Non vedo l'ora di tornare
a casa e aspettare un anno sul divano che ritorni quell'ora di riposo
che mi sono perso stanotte. Mi fermo per staccare la pompetta dal
telaio e darla ad un ragazzo inglese che aveva bucato. Poi mi fermo
di nuovo per pisciare. Le soste mi danno sollievo e vorrei quasi
sedermi per terra ma sto perdendo troppo tempo e devo ripartire.
Anche nell'ultimo tratto piatto il tachimetro non raggiunge i trenta
all'ora e sfondo di ben 8 minuti il limite delle 3 ore previste.
Trascinandomi sul tappetino che porta in T2,.sento le gambe spente,
la schiena dolente e i sassolini sotto il tappeto; sono pessimista
per la corsa.
Fatico a ripartire. Il chip mi sta
segando la caviglia. Ho una piaga che ad ogni passo diventa più
profonda; mi basterebbero 5-10 secondi per fermarmi e spostarlo ma
non lo faccio. Ormai i dolori mi fanno compagnia, il passo si sta
allungando e sto ritrovando la spinta e il rimbalzo elastico. Si sta
ripetendo il miracolo e non voglio fermarmi. Tengo lo sguardo alto
per valutare la posizione dei miei sfidanti. Samuel, Teo, Francesco e
anche i sardi più forti della mia categoria Massimo Alessandro,
Corrado hanno tutti fra i 15 e i 30 minuti di vantaggio. Impossibile
raggiungerli e mi devo consolare superando atleti sconosciuti o
conoscenti meno forti. Negli ultimi due chilometri riesco ad
aumentare ulteriormente il passo ed arrivare in gloria. Nessuno nota
il mio arrivo, a dire il vero, ma io sì e mi complimento da solo.
5h25 sono tante. 1h32 per la mezza maratona è comunque un buon tempo
e sono soddisfatto.
Foto di Claudia Lazzara |
Mi sono divertito anche questa volta,
ma ora è tempo di cercare una casa di riposo, un dopolavoro di
quelli dove i vecchi operai si vanno ad ubriacare. I nove bar che gli
altri hanno messo nelle gomme, io me li giro adesso, approfittando
anche dello sponsor “Peroni”. Da oggi, per un anno, aspetterò,
sul divano, che ritorni quell'ora di riposo che mi sono perso … e
che nessuno mi parli di un Ironman in giugno o di una TDS ad agosto!
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