Non ho la febbre … almeno credo: per
prudenza non l'ho misurata. La nonna direbbe: “con il raffreddore e
il mal di gola non correre che ti ammali”. La mamma, che considera
il movimento terapeutico, forse mi direbbe “corri che guarisci”.
Io non so. Ho fatto prove, enunciato teorie strampalate
a cui non credo neanche io. La testa mi dice “non farlo” ma,
intanto, mi ritrovo ad appuntare il pettorale sulla maglietta.
L'organizzazione della gara ormai va avanti da sola. Gavino ha
rinunciato a correre e assiste i giudici: non ho scuse. Comincio
allora a scaldarmi facendo un chilometro sul percorso di gara. Lungo
la salita mi sento pesante e fiacco mentre in discesa mi sento
rigido. Ormai però ho deciso di partecipare, se non altro per fare
qualche punto per la classifica a squadre. Alla fine di questo breve
riscaldamento, trovo quasi tutti gli atleti già ammassati dietro la
linea di partenza. Mi avvicino un po' per non partire proprio dal
fondo ma resto moscio moscio nella seconda metà, tanto non sono
competitivo, tanto sono malato, tanto la faccio solo per finirla,
tanto è meglio se parto piano. Lo sparo dello starter mi colpisce
al cervello e spazza via tutti questi propositi di prudenza. Mi butto
nel carnaio cercando di superare, infilandomi in spazi che poi si
chiudono nelle curve portando a contatti di gomito. Dopo i primi 500
metri di leggera ma costante salita, mi ritrovo fra i primi 40 e
finalmente riesco a correre bene. Dopo una breve discesa comincia la
parte tecnica con variazioni continue di direzione e pendenza e salti
del fosso. Non c'è che dire, mi sto divertendo e non sono poi così
lento. Molti amici mi incitano. Il fiato a mia disposizione non è
moltissimo e nelle salite qualcuno mi supera, in discesa invece vado
bene e recupero fiato e posizioni.
I miei tifosi |
Al passaggio alla fine del primo dei
tre giri, i bambini della squadra, appostati in fila a margine della
pista, mi lanciano un urlo di incoraggiamento incredibile. Altro che
New York: qui a Capoterra abbiamo un pubblico fenomenale! Passato il
momento di euforia, ricomincio, per la seconda volta, la salita e il
fisico mi chiede di rallentare. Cerco comunque di resistere per i
ragazzi, per gli amici, per la squadra ma perdo 4-5 posizioni che non
riesco a recuperare in discesa. Finisco il secondo giro un po' spento
ma al passaggio trovo di nuovo le urla dei bambini e un'altra botta
di euforia. Questa volta, la consapevolezza di essere all'ultimo giro
mi porta a spingere di più in salita e riesco a guadagnare diverse
posizioni. Il respiro è affannato, sembra un rantolo, ma non
importa, ormai ci siamo. Comincia la discesa, poi il saliscendi e da
dietro non arriva nessuno anzi raggiungo e supero un altro paio di
avversari. Sono guarito? Ultima discesa e punto un concorrente poco
avanti ma non riesco a raggiungerlo.
E' finita, fra le urla dei
bambini. Robertina mi dice che sono arrivato ventiduesimo; aveva
contato tutti quelli che arrivavano e non si era sbagliata. Terzo di
categoria, lo scoprirò dopo, e premio incassato. La testa è
snebbiata, libera e solo la sera tornerà a farsi pesante. Correre mi
ha fatto bene? Male? Non so, ma ne è valsa sicuramente la pena.
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