Le canne circondano minacciose il
circuito di gara. Potenzialmente letali, dice qualcuno. Altri
sostengono che siano terapeutiche. Le tengo a bada con l'autorità
del culo, e non faranno male a nessuno.
Giro la manovella. Sta per partire la
gara. Inconsapevoli della minaccia che li circonda, gli atleti,
guardano avanti concentratissimi con i pugni chiusi dalla tensione.
Il giudice controlla che nessuno abbia il piede sulla linea e poi
spara. Gli atleti partono a tutta per prendere davanti la curva.
Qualche contatto è inevitabile: i meno decisi scartano verso
l'esterno perdendo qualche posizione. Dopo qualche minuto, eccoli che
rientrano ormai lanciati verso il traguardo! La fatica traspare sui
volti contratti ma negli occhi si legge la determinazione a
sopportarla ancora per un po', ancora un altro po'. Le urla del
pubblico coprono i lamenti dei corpi maltrattati fino a che si
fermano esausti subito dopo l'arrivo. Sono i nostri grandissimi
atleti di 6 anni come poi anche studenti e professori, impiegati,
casalinghe, pensionati e atleti di livello nazionale: uniti dal
percorso, dall'impegno e dalla fatica.
Il meccanismo ogni tanto scricchiola.
Una bambina piange. Mi sento come se le avessi dato un calcio nel
sedere. Per il solo fatto di aver partecipato alla gara, era convinta
di meritare la medaglia. E aveva assolutamente ragione. Quelle
lacrime sono responsabilità mia, che ho dovuto, conti alla mano,
decidere di far piangere qualche bambino.
Mi sento però anche di aver
contribuito ai tanti sorrisi di questa giornata, alla gioia di
Giulietta, seconda fra i pulcini, alla soddisfazione degli
esordienti ... . Continuo a girare la manovella. Il meccanismo, dopo
qualche scricchiolio, funziona a dovere facendo scorrere la vita.
Sorrisi, strette di mano, abbracci, applausi, sguardi, parole: una
rete di amicizie permea tutti i presenti. Benvenuti nel mondo reale:
un social network in cui gli “amici” sono in carne ed ossa, i “mi
piace” sono pacche sulla spalla, le faccine sorridenti hanno ognuna
un'espressione diversa, autentica mentre le dita stanche di pigiar
tasti si prendono il loro meritato riposo sventolando allegramente.
Ma forse è solo un sogno.
Il sole, si' però il sole c'è davvero
e questo è il mio piu' grande merito: un sole bello, pieno, con i
raggi che carezzano la pelle e illuminano i sorrisi.
Il peso della responsabilità si
trasforma in sensazione di pienezza. Pieno di soddisfazioni, sazio di
sole sulla pelle, di birra e stanco di stanchezza, arrivo a sera
ebbro di vita. Mi giro nel letto con gli occhi ancora chiusi, la
manovella stretta in mano e un sorriso stampato in faccia. Che sogno.
Ora mi posso svegliare e tornare al solito mondo virtuale.
Nessun commento:
Posta un commento