Dopo Viktor, ho conosciuto un altro
maltese, Nathan, anche lui vocato alle grandi imprese. Non si
conoscono; sembra una strana coincidenza ma forse hanno in comune lo
spirito crociato e assistenziale dei Cavalieri di Malta o forse il
desiderio di libertà e di spazio di chi vive in un isola troppo
stretta.
Andrea mi aveva fatto conoscere il
progetto di Nathan di attraversare Corsica e Sardegna in un
triathlon non-stop di 666 km che, in scala 10:1, riproduce
la traversata dell'arcipelago maltese.
Avevo seguito con partecipazione la sua
partenza venerdì, poi sabato lo stop e il ricovero per
disidratazione. Sapevo che ieri era ripartito attraversando a nuoto
le Bocche di Bonifacio e con il “live tracker” ho seguito
comodamente seduto alla mia scrivania i suoi spostamenti in bici
attraverso la Sardegna.
Quando ho visto che stava per passare
sulla statale a 4 km di distanza dal mio posto di lavoro, ho deciso
di provare ad andargli incontro in bici per intrufolarmi nella sua
impresa.
“Nathan?” Si volta: è lui.
Pedala dalle 5 e mezzo del mattino. È stanco ma di buon umore. Io sono lì quasi per caso,
pedalo da 10 minuti, non so bene che fare. Vorrei essere utile ma non
invadente. Vorrei solo entrare
pigramente a far parte della sua impresa.
Quando il traffico lo permette,
pedaliamo affiancati e lo interrogo. Parla volentieri, mi racconta della sua giornata in bici: la doccia offerta
dal temporale pomeridiano, l'impronta del sellino sul sedere; poi mi
racconta della traversata a nuoto dello stretto di Bonifacio,
l'incrocio di onde che l'ha sollevato lanciandolo in aria per un
breve volo, la voce dei delfini intorno a lui “tc tc tc”, la
dottoressa aggrappata alla barca dell'assistenza per paura di essere sbalzata fuori dalle
onde. Mi racconta di venerdì, della corsa attraverso la Corsica, la
lunga strada asfaltata, il grande caldo e la crisi di disidratazione.
Dopo 160 chilometri, il ricovero in ospedale; lui avrebbe voluto
ripartire subito ma l'hanno trattenuto 3 giorni, non riusciva a
mangiare, lo stomaco rifiutava il cibo e hanno dovuto nutrirlo per
endovena. È dimagrito e ha perso forze ma ha voluto comunque portare
a termine la sua sfida, anche se ormai aveva perso il suo carattere
“non stop”. Ha tre giorni di ritardo e quella che era un'impresa
organizzata è diventata una sfida personale. L'assistenza è finita
con la traversata dello stretto. Poi ha messo tutto nello zaino ed è
partito in bici da solo.
Dopo una dozzina di chilometri,
passiamo davanti al Forte Village, dove lui sarà ospite per la
notte. “Sei sicuro che non vuoi fermarti?” Io interrogo lui e lui
interroga me per capire se ci sia o no qualcuno ad attenderlo a
Tuerredda. Non lo sappiamo, ma decide di andarci lo stesso, l'arrivo
era programmato lì, è lì che il comune di Teulada aveva
organizzato la festa per domenica. Mancano solo una dozzina di
chilometri; “al peggio, se non c'è nessuno, torniamo in bici”.
Arriviamo a Tuerredda alle 20. Non c'è
nessuno ad attenderlo, la spiaggia è deserta e bellissima. È la
natura, solo la natura che ha avuto la pazienza di aspettarlo e lo
accoglie (ci accoglie, intrufolato, ma ci sono anche io) al termine
del viaggio. È la stessa natura che ha accolto le imprese più
grandi, quella degli astronauti che sbarcavano sulla luna, degli
alpinisti che scalavano per primi l'Everest o degli esploratori che
raggiungevano il polo.
E intanto Lucio continua a girare …
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