Il futuro è inquietante,
per lo meno in California e nel campidanese. Il mondo,
sconvolto dalle conseguenze dello sfruttamento dell'uomo e di guerre
nucleari, non avrà più le mezze stagioni. I replicanti Nexus,
disubbidenti e obsoleti, nascondono un segreto sconvolgente. La
svolta drammatica avviene però quando meno me l'aspetto: durante
l'intervallo fra il primo e il secondo tempo. Il gran fracasso di
quel futuro rumorosissimo si quieta per 5 minuti. Nel silenzio della
sala semi-deserta sento un “plic”. Dalla provenienza del suono,
capisco che si tratta di un oggetto caduto dalle mie tasche. Le luci
si spengono. L'agente K ormai indaga su sé stesso, sulle sue
origini. Anch'io indago su me stesso. Mi tasto le tasche, faccio un
inventario e capisco che l'oggetto caduto è l'i-phone appena
ereditato da Francesco in sostituzione del telefono perduto per
sempre in supramonte solo 2 settimane prima. Mentre K cerca di recuperare il telecomando per
ologrammi ostacolato dalla tirapiedi di Wallace, io infilo con
indifferenza la mano fra i sedili per provare a recuperare il
cellulare ma nessuno dei due ci riesce. Gli intrecci della trama si
complicano. Deckard non ha lasciato niente al caso, ha pensato a
tutto. Se fosse caduto 5 minuti prima o due minuti dopo, non avrei
certo sentito il rumore e quasi sicuramente l'avrei perso ancora
prima di inserire la scheda SIM. I replicanti saranno la salvezza del
mondo o la sua condanna? Chi sono i buoni? I replicanti sono più umani degli umani?
Dove si sarà infilato il cellulare? Joe trova la pace ma, sui titoli
di coda, la tensione resta alta e tutti questi interrogativi restano
senza risposta. Con finta indifferenza mi infilo fra i sedili della fila
dietro. Mi chino e, con nonchalance, raccolgo il cellulare e lo metto
in tasca. “Tutto a posto” dico a Maria che mi guarda con aria
interrogativa. Ora il mondo è salvo davvero.
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