Con la mano sinistra tengo il cavo
dell'alimentatore attaccato al computer, altrimenti
non fa contatto.
È caldo,
quasi
scotta ma,
visto che la batteria
si scarica in 10 minuti, posso permettermi solo brevi pause per
sventolare la mano. “È consigliabile sostituire la batteria”
mi dice. “Io
ti cambierei
tutto”, replico. Insomma,
si fatica
anche qui in
poltrona,
davanti
allo
schermo del PC.
Provo
a vedere
i passaggi
a Borgo
San
Lorenzo, al
31o
chilometro, dopo i saliscendi
sulle belle colline toscane.
È solo l' “inizio” ma
31 chilometri con una
salita
e una
discesa
lasciano
il segno. Prima di
Borgo San
Lorenzo si cerca di
non sentire la stanchezza,
sarebbe
troppo presto. Solo dopo, quando
inizia la
vera
salita,
si ha
il diritto di sentire la
fatica
ed è un sollievo. Il
sito live della sdam
si aggiorna
ad ogni nuovo passaggio
e mi impedisce di scorrere all'indietro
l'elenco degli arrivi
per cercare
gli amici.
Decido allora
di aspettarli
al
passo
della Colla,
alla
fine della
lunga
salita:
clic e sono su.
Giorgio Calcaterra
è già passato
da un
pezzo, in prima posizione,
e, mentre guardo
scorrere i nomi, con la mano
sinistra sempre
agganciata
all'alimentatore,
ricordo i bei boschi appenninici
e la sensazione di fare
un'impresa correndo
su per quella strada
in salita
e un po' mi manca.
Ecco Massimo,
in 4h13 e subito dopo Luca e
Giordano.
È un ottimo tempo, anche
se Massimo
potrebbe fare
anche
meglio. Immagino
che sia andato
“tranquillo”
per prudenza, evitando
così le crisi degli anni
precedenti. In 4h27 passa
Francesco.
È un fenomeno, considerato
che ha corso
un ironman
solo sette giorni prima. Mi
attardo
un po' ai
mille metri della Colla,
fra
il bar,
la folla,
il tendone del cambio,
il pullman
dei ritirati,
aspettando
di vedere se arrivano
altri
amici,
poi,
con un altro
clic, vado
ad
aspettarli
a Marradi,
al
sessantacinquesimo.
Finalmente
inizia la
discesa.
Ma
è una
discesa
bastarda
che pesta
sulle gambe
già martoriate
da 50
chilometri di asfalto.
Ricordo che
la bellezza
del paesaggio
era solo
un palliativo
per i miei muscoli dolenti
e i miei sogni di gloria che
andavano
a sbattere
contro una realtà
di sofferenza. La
luce che calava
inesorabile,
come una
metafora
naturale,
e gli inutili massaggi
dopo l'arrivo
in paese.
Per fortuna quest'anno
sono qui, in poltrona.
Sono
sicuro che a
loro vada
meglio. Ed ecco infatti
Massimo,
regolarissimo,
in 5h41, seguito ancora
a ruota
da
Luca.
Giordano
invece non arriva, sconfitto dalla
strada.
Dopo un quarto
d'ora arriva
anche
Francesco,
e
cala
la
notte. L'unica
volta
che sono ripartito
da Marradi,
ho dovuto camminare
per 4 chilometri prima di
trovare
il coraggio
di ricominciare
a pugnalarmi
le cosce correndo.
Mai
più, avevo
promesso, ed era stata
promessa
giusta
di uomo saggio.
E intanto,
invece,
Massimo,
Luca e
Francesco
avanzano,
senza fermarsi,
continuando
a correre.
Arrivano
anche
a San
Cassiano
e poi a Brisighella,
a 12 chilometri dall'arrivo.
Massimo
è il più
veloce ed è ormai
20 minuti avanti
a Luca
e 40 avanti
a Francesco.
Io ero arrivato
a Brisighella
camminando
ed ero ripartito dopo altri
massaggi
senza
più riuscire
a correre.
Quei 12 chilometri mancanti
li avevo
percorsi in 2 ore e mezza.
Quanta
sofferenza in quei
chilometri, quante domande
senza risposta; il tempo si era
fermato:
lì all'inferno
la sofferenza
non ha
fine. Sembra strano ma
il tempo passa più veloce stando qui a guardare i nomi che scorrono
sul monitor che a far scorrere pesantissimi pezzi d'asfalto sotto i
piedi doloranti. Ecco Massimo,
è arrivato
a Faenza
in 8h50, 27o
assoluto.
Immagino
la sua
soddisfazione:
finalmente
quest'anno
è riuscito a ottenere
un risultato
degno di lui e della passione
che ha per
questa gara.
Dopo mezz'ora
arriva
anche il
bravissimo
Luca.
Ricordo il mio arrivo:
Finalmente
entro in piazza. Uno del pubblico mi affianca e mi esorta, mi dice
“vai, vai!” “sto già andando”, rispondo. Non vuole capire
che sto già facendo il mio sprint. Ecchecazzo, non si vede? Sto
sfiorando i 6 km all'ora. Spingendomi, mi fa quasi venire un crampo,
poi capisce e mi lascia tranquillo. Rispondo alle esortazioni della
folla con un bel sorriso e un gesto di ringraziamento, porto il dito
alla tempia con due tocchetti e poi lo allargo con un giro ad
indicare tutti. Siamo tutti pazzi. Tutti pazzi.
Ricordo
poi la
palestra,
bolgia
di dannati
della corsa
condannati,
per il contrappasso,
ad
una rigidità
che li obbliga a muoversi
come bradipi.
Ma c'è
una folle
euforia che
pervade
quel
posto;
quella
distesa
di corpi distrutti non
è completamente
immobile ma brulica
di piccoli movimenti e di
sussurrii; sono quasi
tutti svegli, ancora
sotto l'effetto delle chilate
di endorfine che li hanno
portati
fin lì. Si resiste a
quel sonno che porterebbe al
domani,
facendo
terminare
questo giorno speciale.
Mai
più. Ma se
solo trovassi
una soluzione
per proteggere i quadricipiti
dal
massacro
potrei riprovarci.
Ho un anno
di tempo, a partire
da adesso:
via!
A
mezzanotte passata, arriva
anche Francesco, in
9h39: un gigante.
Come sono stanco, mi devo proprio
alzare
dalla
poltrona
per sdraiarmi nel
letto.
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