3x2 = 6: questa è matematica. Sono
numeri che però non hanno la leggerezza astratta dell'aritmetica ma
sono fisici, reali, pesanti, lunghi: sono i chilometri della mia
scatola di cioccolatini.
Ho fatto un patto col demone
velleitario per scendere nuovamente sotto l'ora e 22 nella mezza
maratona e ora devo espiare le pene previste nel girone infernale dei
podisti ambiziosi: le ripetute.
Il riscaldamento mi trova con le gambe
indolenzite dai 19km di montagna dell'altro ieri: comincio davvero
bene, scendendo all'inferno già dolorante. Dopo una splendida cagata
nel cespuglio e 2 allunghi, parto per la prima ripetuta. Le gambe non
fanno troppa fatica a tenere la velocità prevista e nonostante
l'andata sia in leggera salita, non sono affannato. Arrivato al
livello dell'albero miliare del primo km, punto il piede con forza in
terra per fare inversione senza perdere troppi secondi e riprendere
subito velocità. Un ultimo strappo in salita mi costringe ad
accorciare il passo ed intensificare il respiro e poi è tutta lieve
discesa: posso allungare il passo senza forzare troppo e alla fine
sono solo un po' stanco. 7'30 per due chilometri. Non un gran tempo
ma, date le caratteristiche del percorso e la condizione attuale, va
benissimo: la condanna mi imponeva di stare sotto i 7'40. Dopo 3'30 di
corsetta blanda, riparto. La velocità è uguale a prima ma gambe,
polmoni e cuore fanno più fatica. Le stesse identiche cose che avevo
fatto solo 10 minuti prima – l'inversione, le salite, il finale –
sono ora più pesanti. Questa volta, alla fine mi sento stanco e affannato. I 3
minuti di recupero non bastano più a farmi passare la sensazione di
disagio dovuto all'andatura forzata. Davvero devo ripartire? Ce la
farò? Non ho alternative; è ora, andiamo! Per i primi 2-300 metri le sensazioni tornano
sorprendentemente buone, poi la stanchezza mi invischia i muscoli e il
ritmo rallenta. Carenza di ossigeno, cuore a mille, l'affanno aumenta
ma la consapevolezza di essere all'ultima mi spinge ad accelerare per
recuperare il tempo perduto: sputo i polmoni sui sassi che ricoprono
gli ultimi 50 metri tanto non serve più ossigeno, si va di puro
lattacido. Il tempo è, al secondo, lo stesso 7'30 delle altre due ripetute, ma sono morto. È questo l'inferno?
Mentre, dopo il breve passaggio
nell'aldilà, mi trascino corricchiando verso le docce lasciando attenuare lentamente dolori e
affanno, sono molto soddisfatto. Sono
sopravvissuto, ho fatto il mio dovere e già penso alla prossima. Per
la prossima volta voglio una scatola di cioccolatini 4x2 e sarò
ancora più contento.
p.s. Grazie Mariano per i cioccolatini
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