Dopo una gara, sull'onda
dell'entusiasmo, si comincia a pensare alla successiva. Come sa bene
chi ha appena terminato una gara impegnativa, dopo qualche momento di
saggezza in cui lo sfinimento fa pensare “mai più”, resta una
sensazione di euforia che spinge l'immaginazione già alla prossima
fatica. Lo stesso fenomeno succede anche quando si organizza. La fine
di un impegno completo, totalizzante, lascia, insieme ad una rilassante forma di
appagamento, anche un senso di vuoto. Si fatica a
smettere di colpo e allora, sfruttando l'onda dell'euforia è un buon
momento per mettere le basi per una prossima edizione, ancora più
bella.
Si parte da un'idea. Al di là della
bontà dell'organizzazione e della tipologia del percorso, il valore
intrinseco di un trail è dato dal territorio. Un bel territorio è
condizione necessaria per fare un bel trail e questo già l'avevamo
ma se si trovasse un posto inconfondibile, caratterizzante, davvero
unico in cui passare, il trail diventerebbe impagabile.
Nel basso sulcis, c'è la meravigliosa
gola di is cioffus, un monumento che oltre ad essere affascinante e
selvaggio, è anche inconfondibile. Dopo un lungo corridoio sempre
più stretto ed inquietante, ci si trova davanti ad un maestoso
portone di roccia che introduce ad un luogo incantato, sospeso fra
paradiso ed inferno, dove il tempo si è fermato. L'impatto visivo è
tale che forse è il posto che più di ogni altro in zona si può
definire “unico”; è quindi da qui che, in un modo o nell'altro,
dovremo passare. Non è di facilissimo accesso, per cui bisogna
studiare bene per trovare un percorso adatto.
Trovata l'idea, si comincia a guardarla
dall'alto. Comincia una delle fasi che mi piacciono di più: lo
studio delle mappe, l'esplorazione virtuale del territorio che
culmina con l'invenzione di percorsi teorici.
20 anni fa studiavo le cartine IGM,
vagando con la mente fra curve di livello e seguendo sottili linee
tratteggiate, colorando con la fantasia quel mondo simbolico in
bianco e nero. Ora, invece, mi metto a cavalcioni di un satellite e,
da lì su, osservo il territorio, le rocce, le strade; cerco tracce
di sentiero, immagino passaggi. È una fase bellissima, piena di
fantasia. La vista dall'alto è affascinante; zoom in e out per
picchiate verso il suolo e veloci risalite …via via il desktop si
riempie di finestre aperte su viste aeree piene di verde da cui
entrano folate fresche di aspettative. Non vedo l'ora di atterrare
lì, fra quelle file di roccia, per vedere se è magnifico come
sembra.
Poi, ogni sabato, arriva il momento
tanto atteso di scendere sulla terra, di toccare con mano, di
bagnarsi i piedi nella realtà ... ma questa è tutta un'altra
storia.
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