“Vacanza”
significa mancanza, vuoto che si può riempire con attività numerate
da uno a sette o spazio libero nel quale si può fluttuare in assenza
di centri di gravità e di riferimenti temporali certi; io preferisco
la seconda opzione perché finché il vuoto resta vuoto la vacanza
non finisce.
Si
può vivere bene anche senza agire; trascurando le azioni e
concentrandosi sulle sensazioni si entra in un frattempo, il tempo si
espande e la mancanza di azione che caratterizza questo intermezzo
spazio-temporale consente di utilizzare le funzioni “avanti
veloce”, “pause”, “ralenty” e “rewind”.
3
ore a cape canaveral torres aspettando l'imbarco, ralenty.
Finalmente un gran fumo nero esce dallo sfintere d'acciaio della nave
galattica Sharden. Conto alla rovescia, fuori i visitatori e si
parte. Avanti veloce. È per mantenere vuoto questo vuoto che
sto salendo a 10 km al secondo fendendo l'atmosfera e poi ancora su
nello spazio siderale. Obiettivo allontanarsi dagli obiettivi. Finché
il vuoto resta vuoto la vacanza non finisce. La cabina è comoda,
dall'oblò si vede tutto nero. Ecco il vuoto siderale. Zero assoluto,
vacanza completa; è tempo di ibernarsi. pause, assenza di
coscienza.
Ci risvegliamo sul pianeta molle |
Ci
risvegliamo sul pianeta molle. La via lattea è asfaltata e a tre
corsie. Spostamenti spaziali ci portano negli spazi vuoti fra le
righe delle pagine del libro “le 8 montagne” di Paolo Cognetti.
Ci muoviamo leggeri per non lasciare tracce che possano riempire
quelle vacanze. Negli spazi fra le pietre della baita di Cognetti
incontro una vipera. C'è vita su Cognetti. Ci guardiamo negli occhi.
Anche lei ha quel tranquillo sguardo osservatore di chi è in
vacanza.
Non sono in gran forma. Soffro di mal di pancia e ho delle
strane sensazioni. Forse i viaggi galattici fanno quest'effetto.
Prima di scendere a valle, voglio farmi una bella cagata per liberare
l'intestino e creare una vacanza interiore. Trovo il posto ideale,
coperto dalla vegetazione e panoramico al tempo stesso. Sento un
forte ronzio di mosche ma mi lasciano in pace e mi accovaccio,
spostando le foglioline per fare un bel nido ai miei escrementi.
Mentre mi svuoto, mi cade un occhio sulle mosche. Strano, sono
gialle, devono essere delle finte vespe. Le guardo meglio e vedo che
sono delle vespe vere che entrano ed escono a centinaia da un nido a
90 cm dal mio sedere. Avanti veloce. Mi pulisco in due secondi
e ne vedo partire una dritta contro di me che mi punge alla spalla.
Mi alzo e comincio a correre tirandomi su le mutande. Per fortuna
l'attacco globale non è partito e me la cavo con una punturina e un
po' di imbarazzo mentre esco dal cespuglio con i pantaloni mezzi
calati. Li chiudo con non chalance. Non è successo niente, solo
sensazioni. Il vuoto resta vuoto. Nessun obiettivo, nessun fatto,
nessuna storia, nessuna azione volta a costruire se non qualche
piatto da lavare.
È
un gran bel vuoto. Si vive anche senza fare, limitandosi a provare
sensazioni, e quando queste sono forti, si vive intensamente. Si
assaggiano gusti nuovi, non solo col palato ma anche con la pelle.
Per qualcuno la sensazione dell'acqua gelida sulla pelle è una
sensazione brutta, dolorosa. Io ho imparato ad apprezzarla, come i
sapori forti, gorgonzola o peperoncino, come il ghiaino sotto i piedi
nudi; è una sensazione molto intensa ma bella, fresca, vitale. La
trovo quasi irresistibile. Qui su Cognetti è pieno di laghetti
bellissimi e ghiacciati e mi ci butto dentro. Pause, rewind.
Eccomi a mollo nel pianeta molle a 2500 metri di quota. Immergendosi
completamente nel bello della natura si diventa belli, almeno fin
quando si riesce a restare trasparenti.
Il
vuoto è salvo e finché il vuoto resta vuoto la vacanza non finisce.
Nessun commento:
Posta un commento