giovedì 21 giugno 2018

Tuna coast trail – Un cerchio quasi-perfetto

Giro dell'isola: seguire il mare finché non si torna al punto di partenza. La semplicità logica di un tale percorso, lo renderebbe matematicamente perfetto, topologicamente semplice, come un giro dl pista e mentalmente rilassante. Non ci si perde, guidati dal mare. Il giro completo dell'isola di San Pietro sarebbe lungo 50 km. Cifra tonda, percorso tondo, un cerchio perfetto. Non so a voi, ma a me l'idea di un percorso inteso come entità geometrica piace davvero. Una traversata, come può essere il “passatore”, il giro di un lago come la “strasimeno” o di un'isola, come potrebbe essere questo; non uno scarabocchio per divertirsi a correre ma un percorso di senso compiuto. Certo che, fare 50 km per partire dal punto A e tornare al punto A può sembrare privo di senso pratico. Matematicamente però è rilevante. I percorsi sono lineari, le superfici sono bidimensionali. Fra gli infiniti possibili percorsi su una superficie, quello perimetrale è forse il più significativo, in quanto circonda l'intero territorio. La conoscenza completa del bordo, può infatti definire in modo univoco ciò che vi è contenuto e l'esplorazione assume un senso di piacevole completezza; è un po' come completare la cornice di un puzzle.

Da questo punto di vista il “tuna coast trail” è bellissimo anche se può essere migliorato ulteriormente. Ma non c'è solo la bellezza matematica; il confine terra-mare o, più in generale, terra-acqua, è spesso estremamente affascinante, testimone di una lotta millenaria fra elementi, tra fasi condensate della materia, fra eruzione ed erosione, terra che esce dall'acqua e acqua che la porta via. Questa lotta potente e terribile lascia segni immani. La durezza della lotta si riflette nel paesaggio: resta solo roccia solida che resiste all'erosione, un territorio duro e segnato dal tempo.

A proposito di forze devastanti ...
I giorni immediatamente successivi alla chiusura delle scuole, forse sarebbe consigliabile restare chiusi in casa. Ci sono megatoni di energia allo stato puro che si libera e devasta tutto ciò che incontra. Non è cattiva educazione ma il giusto sfogo di prigionieri subito dopo la liberazione.
Spiaggia “la bobba”; il giorno prima della gara vedo tre bambini che sventolano, felici, delle bandierine rosse. Le bandiere rosse non sono lì perché il comunismo ha trionfato e neanche perché il mare è mosso. Avrebbero dovuto segnare il percorso del “tuna coast trail” ma ora sono trofei di guerra conquistati dall'orda.
Grazie a Matteo, Cristina, Enrico e tanti altri, si riesce a rimediare e sabato alle 8, si parte puntuali.
Seguo gli ultimi e resto, quasi subito con Melania, poi con Tiziano che aspetta Melania e, più tardi, con Simone che, stufo di perdersi, aspetta Tiziano che aspetta Melania. Non c'è sentiero. Si seguono i nastri arancioni e le bandierine rosse che guidano e suggeriscono passaggi fra le rocce, per attraversare canaloni e costeggiare il bordo della scogliera che si affaccia a picco sul mare. Si segue il perimetro. Tiziano ha occhio; va avanti e ci fa da riferimento. Io e Melania chiudiamo il gruppo. Brava Melania, prima e unica donna coraggiosa sul percorso lungo, e simpatica, riesce a parlare perfino con me.
Si alternano passaggi in gole selvagge, desertiche, crateri lunari, con passaggi fra case di villeggiatura ma dominano le rocce: rocce nere, poi rosse, poi bianche. Siamo al solstizio e il sole si alza fino a sfiorare lo zenit. Gli alberi sono pochissimi; non c'è ombra e le cinghie dello zainetto mi lasciano un tatuaggio bianco sulla pelle rossa.
Dall'abbronzatura, si può riconoscere l'attività praticata. C'è quella noiosamente uniforme di chi pratica lettini UV; quella bella, dal ginocchio in giù dei ciclisti; quella, bellissima, a canottiera di podisti, triatleti e operai edili e poi c'è la mia, fantastica; dalle due strisce, sul ventre e sul petto, si può intuire che sono stato legato, per ore, a qualcosa: trailer legato ad uno zainetto o prigioniero di guerra, legato ad un totem. La pelle è rossa. Sono io l'indiano. La carne è rossa, sono il tonno, l'eroe. Segni di tortura lo testimoniano.
Si corre poco. Mi adeguo facilmente al ritmo lento. I piedi mi sembrano pesanti, goffi, il terreno duro e pieno di inciampi, tanto che ho l'impressione che se anche fossi solo, non andrei più svelto. Un paio di sederate me lo confermano. Il mare è sempre presente, vicinissimo; il bordo dell'isola però è rialzato e l'acqua resta ad una distanza verticale di qualche decina di metri. La planimetria sfiora il mare ma l'altimetria non scende quasi mai sotto i 20 metri. La terra si difende dall'erosione arroccandosi e separandoci dal mare. A volte sembra di arrivarci ma poi sfugge. Voglio spegnere il fuoco che mi sta bruciando la pelle e mi prometto che a cala fico, mi butterò in acqua.
Mentre gli altri si attardano al ristoro, finalmente posso realizzare il mio sogno. Cala fico, profonda insenatura, magnifica e dura, ricoperta da grosse rocce arrotondate dal mare e barche abbandonate. In una di quelle, molti anni prima, avevo passato la notte, approfittando del fondo liscio per appoggiare il sacco a pelo. L'acqua è freschissima e morbida. Mi ci adagio per un paio di minuti. È così bello che penso che dovrebbe essere obbligatorio tuffarsi. Basterebbe mettere la bandierina su una boa e la punzonatura su una barca.
Quando, al trentesimo km il percorso lascia la costa, tagliando per l'interno, sono stanco e completamente cotto dal sole ma mi dispiace; avrei preferito continuare lungo la costa. Nonostante la distanza maggiore e il fondo più tecnico, la presenza del mare, di quel mare spettacolare, avrebbe dato significato alla fatica oltre che un senso logico e topo-logico compiuto al percorso. Stiamo abbandonando la perfezione matematica della circonferenza per fare un taglio arbitrario; stiamo abbandonando il fascino della lotta terra-acqua per un territorio noiosamente placido. Striscio lungo il bordo della strada, per cercare l'ombra di cespugli e muri. Ecco, finalmente si vedono dall'alto le case di Carloforte, colorate pittoresche, ombrose. Tiziano e Simone ci aspettano e, dopo 42 km e più di 8 ore, arriviamo insieme. È stata una giornata bellissima, quasi perfetta.
Mi resta il miraggio di un percorso misto terra-acqua o terra-birra, solido-liquido con bandierine nel mare fissate su boe e birre fresche al culmine delle risalite verso l'interno. Beh, due tuffi e sei birre fresche li ho comunque avuti. Mi è mancato solo il giro completo, per chiudere il cerchio perfetto. Lo aspetto, con fiducia, l'anno prossimo!

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