Primo movimento.
In certe giornate, vale la pena
svegliarsi. A dire il vero, anche il sogno non era niente male; stavo
spostando un tavolo per fare qualcosa d'importante … cosa? La mente
appannata dal sonno non consente di formulare risposte sensate; ho
una panna perenne che resta appiccicata all'interno delle orbite
oculari e non si scioglie neanche quando il sole è ormai alto. Mentre
preparo il caffè, uno sbrodolio marrone mi ricorda, con un attimo di
ritardo, che l'avevo già preparato ieri. Essere previdenti è
completamente inutile quando si avanza a tentoni. L'appannamento è
potente e appena entro in auto si trasmette al parabrezza e mi basta
aprire il finestrino che la nebbia mentale esce e si fa reale. Non
l'ho vista solo io; pare che la mia nebbia mentale abbia ricoperto
l'intero campidano di una coltre uniforme. I rettilinei della 131
sembrano curvi. Perché in estate non producono più i pocket coffee?
Dicono che, col calore, il cioccolato si scioglierebbe, mescolandosi
al caffè liquido e riempiendo la confezione di un brodino dolce e
appiccicoso. E allora?
Il sole sembra luna poi si accende.
Finalmente sono sveglio, o forse ho ricominciato a sognare.
Secondo movimento.
Parto con Gianni, il migliore
professionista in Sardegna per pulizia sentieri, dopo di me,
ovviamente, e Claudia, poi ci raggiungono Cristina e Gianlu. Claudia
non si sente bene ma, grazie al contesto, piano piano si riprende. Il
Montiferru è inebriante: l'essenza di timo, le urla degli uccellini,
la vista dal vertice di un triangolo, il bosco fresco pieno di ciclamini, la
sorgente popolata da gnomi … l'euforia monta e perfino le cadute
sono occasioni d'allegria. I miei compagni di viaggio girano per la
10 km e resto solo, immerso nella natura. Mi tolgo la maglia e mi
butto all'inseguimento di altri ultimi. Vedo un muflone fermo sulla
strada; dopo che sono passati tutti, se ne sta lì con aria
interrogativa a cercare di capire il senso di questa cosa; potrei
spiegarglielo ma noi mufloni non amiamo le chiacchiere e ce ne andiamo
ognuno per la sua strada. Gianni mi viene incontro e proseguiamo
insieme. Lo spirito trail ci fa lasciare i segni bianchi e rossi per
seguire l'odore di arrosto. Siamo arrivati troppo presto, la carne
non è ancora cotta. È l'ora dell'antipasto e dobbiamo accontentarci
di guanciale, vermentino e birra. Ringraziamo i cacciatori di Cuglieri e
riprendiamo a correre. La pioggia mi scivola sulla pelle nuda senza
scalfirmi. Più impermeabile e più leggera del goretex la pelle
umana offre il massimo comfort. La vendo cara, però. Raggiungiamo
prima Valeria, poi Marina e fra piacevoli chiacchiere, arriviamo al
traguardo sotto la pioggia.
Terzo movimento.
Mi siedo a tavola per il pranzo con
Gianni, Gianni, Ale, … Mentre le vivande scorrono sempre più
buone, le chiacchiere si trasformano in grandi verità e il vino
scende veloce, i vetri dell'agriturismo cominciano ad appannarsi. È
il primo segno. La lucidità sta finendo. Sarà per il vino o per la
stanchezza ma in testa si rialza la nebbia e fuoriesce, ricoprendo il
monte. Cosa ci faccio in infradito sotto la pioggia? Il piede scivola
sulla plastica bagnata e la ciabatta si smonta; resto scalzo tipo
Cenerentola. Beh, forse più Genoveffa. Salgo in auto. È ora di tornare nel mio mondo assopito,
stordito, sfocato, ma è bello tornarci dopo aver vissuto un sogno
così vivido.
Grazie Gianni e a tutti
quelli che, come lui, si impegnano per organizzare giornate come
questa, in cui, come ha scritto Claudia, vale la pena svegliarsi.
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