L'eroe
soffre per salvare la vita a qualcuno. Se uno soffre dandosi
martellate sulle dita più che un eroe sembra un coglione. Non è
eroismo, è un'altra cosa; è quello che chiamavo “autoeroismo”.
Ma non è solo una gloriettina di plastica gonfiabile; ora che ne
sono fuori, ho capito che c'è qualcosa di più e che la sofferenza,
anche quella autoinflitta, ha un valore profondo.
Foto di Alberto Porcu Zanda |
Dopo
tante gare fatte, qualcuna anche da protagonista – l'anno scorso
qui a San Sperate ero arrivato terzo nella mia batteria – ora
guardo la gara passare davanti. Vedo tanto di quel sudore che mi
viene sete e mi compro una birra che sorseggio con piacere, anche se
quel sudore non è il mio e non ha lo stesso gusto delle birre post
gara. Cerco di godermi il sollievo di non essere lì dall'altra parte
della transenna, con il viso contorto dalla fatica e rosso dal fuoco
della febbre, la bocca spalancata a cercare briciole d'ossigeno, i
piedi che schiaffeggiano il terreno … sembra terribile ma poi, dopo
l'arrivo, vedo tutti quei volti addolciti dalla fatica, le smorfie
mutano in sorrisi e non sono solo sorrisi post-orgasmo, è qualcosa
di più profondo, che permane a lungo, se non per sempre.
La
sofferenza è una compagna di viaggio che ti accompagna là fuori,
fuori dalla tua “zona di comfort” e quando ci ritorni, la trovi
più larga, ancora più confortevole e ricca.
Se si
rifugge la sofferenza, invece, la zona di comfort si restringe e si
resta chiusi in spazi sempre più stretti, incapaci di affrontare
qualsiasi disagio, impauriti da una goccia di pioggia che cade sulla
testa o da una goccia di sudore che cola dall'ascella, inorriditi da
un microbo o da un odore corporeo. L'agio è piacevole finché lo si
sceglie ma può diventare un incubo se ci si è costretti. Immaginate
di restare bloccati su un divano con una birra in mano per tutta la
vita. Ecco cos'è quel sapore: la libertà si conquista con
sofferenza e per questo la sofferenza ha gusto di libertà.
Ieri,
dopo una mattinata al mare, sono tornato verso l'auto a piedi scalzi,
tenendo i sandali in mano su tutta la passerella in legno scuro, reso ardente dal sole, con gli
spigoli delle assi che incidevano dolorosamente la pelle e poi ancora
sul ghiaino che si accaniva contro le terminazioni nervose della pianta
del piede… Ahhh ...
Forse
dovrei comprarmi un bel martellino da genitali.
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