domenica 24 aprile 2016

Chia Laguna half triathlon

… eppure ero sicuro di averla sciacquata … Dalla mia muta piovono alghette sui tappetini pulitissimi della zona cambio. Faccio finta di niente, del resto, anche volendo, non potrei passare lo straccio. Noto anche uno squarcio nel neoprene all'altezza della caviglia. Guardo la mia bici sporca di grasso e mi rendo conto di essere lo straccione della zona cambio. Per fortuna il triathlon non è una gara di bellezza; a dire il vero oggi non mi sento un granché neanche come forza e salute. Nei giorni scorsi non stavo bene: febbriciattola, stanchezza di testa e di cuore. Come entusiasmo poi sono a terra: l'idea di buttarmi nell'acqua gelida e poi di soffrire per l'affanno e per il caldo in bici e di corsa non mi attira proprio, ma ormai sono qui e si parte. Con calma, però. Non spingete, che fretta c'è?
Sono ormai più di due mesi che vado in piscina ma non ero pronto a questo. Palette, pull buoy, nuotare con un braccio solo, respirare ogni sette, ma questo no. La lotta col maroso non faceva parte del programma d'allenamento. Dopo minuti di lotta riesco ad arrivare con l'acqua all'ombelico; mi volto e la spiaggia è sempre lì, vicinissima. Evito di tuffarmi nell'onda per non prendere calci e perdere gli occhialini e l'affronto di petto facendomi ributtare indietro in un'interminabile guerra di trincea finché, superata l'ultima barriera di schiuma, posso finalmente iniziare a nuotare. L'acqua è fredda ma non gelida e capisco che riuscirò a sopravvivere. Superata la prima boa, si nuota bene a favore di vento ma le boe sono lontanissime e sembrano non arrivare mai. Si gira di nuovo, puntando due puntolini bianchi sulla spiaggia, che dovrebbero essere le bandiere che indicano l'uscita. Il vento ora è laterale e mi spinge il mare in bocca. Finalmente i piedi toccano la sabbia. Giusto il tempo per un respiro di sollievo e c'è da fare il secondo giro. Riprendo la lotta con le onde. Comincio a perdere la sensibilità ai piedi e, fingendo di fare una gambata stile, sbatto i piedi contro l'acqua per riattivare la circolazione. Le boe sono ancora più lontane del giro precedente; ogni tanto bevo un po' ma non affogo e, dopo 50 minuti, sono fuori dall'acqua. Un'eternità, ma in zona cambio ci sono ancora molte bici, circa una su quattro, una cinquantina in tutto. Tanti hanno fatto peggio di me.
Ed ecco la mia. È sporca, non la lavo da ottobre, non ho neanche messo il grasso alla catena e l'aria nelle gomme è la stessa che ci aveva pompato dentro Francesco una settimana prima. Tanto non sono competitivo, inutile perdere tempo nei dettagli. A parte i piedi, il resto del corpo non ha freddo. Faccio ambarabaciccicoccò – ci vuole meno di un minuto e aiuta a trovare la soluzione migliore a tutti i dilemmi – e decido di non infilare l'antivento. Cos'altro devo fare? Sfilata la muta, infilo il casco, il pettorale, mi siedo, fazzoletti in tasca, calze e scarpe, mi rialzo, rinuncio ai guantini impugno il sellino e corricchio verso l'uscita della zona cambio. Mi fermo. Non ho gli occhiali. Appoggio la bici per tornare a prenderli ma mi rendo conto che molto probabilmente in zona cambio non li ho mai lasciati. Peccato. Non potrò sfoggiare i miei bellissimi occhiali “lastminute.com” gadget trovato in qualche pacco gara con la montatura stampata piatta, tipo occhiali 3D. Sono orribili, ma adattissimi al mio stile di oggi e avrebbero spaventato gli insetti e i pollini che si aggirano sempre in cerca di un buco umido dove infilarsi. Non importa, tanto non devo andare veloce, ho la bici sporca, il cuore stanco e le gomme mollicce. Intanto però, andiamo; sono curioso di vedere chi c'è davanti a me … .
Sui saliscendi della strada costiera, mio malgrado, continuo a superare. Forse mi sto facendo prendere troppo dalla gara; è divertente, spero però di non pagarla dopo. Ecco il mitico Teo: solo un mesetto fa si è fratturato una clavicola ed ora è qui a lottare contro onde e salite. Lo riconosco dal caschetto super aerodinamico. Solo quello. Infatti la testa tende ad andare in avanti bucando l'aria ma poi si deve trattenere frenata da una bici e una posizione non all'altezza: se solo potesse staccarsi dal collo volerebbe.
“Dai pedala che Samuel è davanti” Giuseppe ha seguito le schermaglie scherzose fra me e Samuel su fb e mi sprona alla lotta. Potrei spingere di più ma comincio a sentire l'affanno e anzi, raggiunta la parte più facile del percorso, mi adagio su un'andatura agevole. Non supero più, o meglio, raggiungo un equilibrio dinamico e il numero di sorpassi è quasi uguale alle posizioni che perdo. Mi pongo l'obiettivo di restare sopra i 30 di media, così, giusto per avere lo stimolo per continuare a spingere almeno un po'. Rientrando sulla costiera riprendo a superare. Mi diverte molto superare in discesa, piegando più degli altri nelle curve e poi sugli strappetti in salita, sfruttando la conoscenza perfetta del percorso. Vedo Massimo fermo con la catena bloccata poi, sull'ultima salita, riconosco Corrado poco avanti. Sono entrambi della mia categoria e fra i più forti in Sardegna; forse il podio non è poi irraggiungibile. Seguo Corrado a distanza e approfitto degli ultimi 3 chilometri facili per nutrirmi e recuperare in vista dell'ultima frazione.
Il secondo cambio mi pare di farlo bene ma Corrado è sparito davanti e mi ci vorranno un paio di chilometri per raggiungerlo.
Ecco ancora Giuseppe. “Samuel dov'è?” gli chiedo. “è ancora avanti, devi spingere” “sono fiacco, non è giornata” “com'è che proprio oggi che io non corro, sei fiacco?” Eh sì: Giuseppe è un altro dei miei avversari preferiti ma oggi non corre. Francesco è troppo avanti, irraggiungibile, Teo è troppo dietro. Mi rimane Samuel, ma sarà dura. Dopo i primi chilometri riesco a ritrovare un'andatura efficace e sciolta. Il quarto e il quinto in classifica che mi hanno doppiato prima, non si allontanano più tanto e per il resto sono io che supero gli altri. Un po' di affanno è sempre lì, in sottofondo, però mi diverto. Nel pubblico ci sono tanti amici e qualcuno mi fa un tifo davvero esaltante. Nei quattro giri del percorso a bastone studio la situazione. Francesco ha più di tre chilometri di vantaggio, Samuel circa 500 metri. Di giro in giro si avvicinano ma troppo lentamente. Teo è quasi un giro dietro e dopo essermi divertito a superarlo in bici, ora mi posso divertire a doppiarlo. Grazie Teo. Migidio Bourifa, fortissimo maratoneta all'esordio nel triathlon, è dietro di me e non si avvicina. E c'è anche Claudio Chiappucci, anche lui al primo triathlon, che corricchia pesante. È della mia categoria ma è quasi due giri dietro … anzi ora più di due giri. Approfitto del doppiaggio per incitarlo. Tutto ciò è divertente. E poi ci sono gli amici che fanno la staffetta, Manu, Gigi, Luka, sto correndo più veloce anche di loro e anche questo mi esalta. All'ultimo giro sono ormai stanchissimo ma continuo a divertirmi fra sorpassi e incitamenti. Ora vedo la schiena di Samuel ma è troppo tardi e sono troppo stanco per fare lo sprint e poi oggi è stato più forte di me e si merita di arrivare prima.

In queste 5 ore di gara sono passato dalla svogliatezza della partenza all'entusiasmo dell'arrivo. Quarantatreesimo su quasi 200, quinto di categoria a meno di un minuto dal podio, tredicesimo nella frazione di corsa. A parte le alghe appiccicate, le gomme mollicce e il nero sugo di catena, non faccio poi così schifo.

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