In
attesa dello sparo ho
qualche
decina
di
secondi per concentrarmi
su
di me;
non
mi aspetto molto dalla gara: la
domenica
prima
avevo
avuto
segnali
contrastanti,
riuscendo a
percorrere
abbastanza
velocemente
un giro del
percorso di gara,
ma
finendolo
stremato;
se voglio arrivare
vivo alla
fine
dei tre giri,
dovrò
essere
prudente.
Mi
guardo
attorno
e mi
rendo subito conto che qualcosa non quadra.
Avevo chiesto a Gianni di comprare il
gesso, lui
me l'aveva portato ieri e io, stamattina l'avevo messo sotto il palco
pronto
per
tracciare
la linea di partenza … ma chi l'ha
tracciata? È storta!
Nel
lato
che porta verso l'esterno della curva, invece
di avanzare,
arretra
e io, maledizione, sono proprio da quel lato!
Prendere
nota: la prossima volta supervisionare
con
occhio geometrico le
linee considerando
i primi 7 decimali
di pi greco o,
per lo meno, partire dal lato
giusto!
Ora
è
tardi
per spostarsi,
si parte.
Avevo
scelto la terza fila per trovarmi nei primi trenta dopo la partenza,
ma l'errore
di geometria
fa sì che dopo la curva mi ritrovi
a metà gruppo, con almeno settanta atleti davanti.
Sono
costretto,
inseguendo gli spazi
vuoti, a
seguire
linee
tortuose.
A
metà
salita,
raggiungo
Teo: “quelli
lenti si facciano da parte!”
Bene, nonostante la salita, ho il fiato per dire stronzate. Dopo i
primi 500 metri di salita, una breve discesa porta nella parte più
tecnica del circuito, con continui cambi di direzione e pendenza.
Comincio
a
misurare
le forze evitando
sorpassi
che allunghino
troppo la
traiettoria.
Chiudo
il primo giro in un buon tempo, intorno alla trentesima posizione; la
stanchezza
e
l'affanno
si fanno
sentire e mi servono stimoli per continuare
a
spingere
e soffrire.
Ho punti di riferimento esterni: il sole, gli
astri,
i
nastri,
il
gps,
o interni: il fiato, il cuore, i
dolori.
È
tutto? No, voglio
punti
di riferimento in carne
ed ossa:
voglio
dei
rivali. Non
è vera
gara se
non posso confrontarmi
con altri.
Non altri
qualsiasi,
ma
atleti
di riferimento, che conosco, che so che vanno
ad
un ritmo vicino al
mio, possibilmente un po' inferiore così posso batterli
più facilmente,
possibilmente
che stiano
al
gioco, Ne
ho
bisogno, mi
fanno compagnia e mi
aiutano a superare i momenti difficili. Sembra
la
definizione
di “amici” e
spesso
lo sono. Ma
in
gara
voglio
batterli,
in fondo a
cosa
servono
gli amici
se
non per aiutarci
ad
uscire da
situazioni
difficili?
Di
solito
approfitto
della calca prima della partenza per
appiccicare sulla loro schiena, a loro
insaputa, del
bollini rossi che
mi serviranno come riferimento durante la gara;
questa
volta
non
ne ho avuto
il tempo e ognuno è una
sorpresa.
Ecco
Amarildo,
della
mia
categoria,
rivale
perfetto che parte
sempre
veloce
per
lasciarsi
quasi
sempre superare
prima
dell'arrivo
e, alla
fine
del secondo passaggio
sulla
salita,
ecco
Giuseppe,
un altro
tra
i
miei amici
rivali
preferiti,
e
poi Genesio … E
di rivale
in rivale
gli stimoli non mancano
e mi aiutano
a
sopportare
affanno
e fatica.
Con
mia
sorpresa
sto
bene, cioè
soffro piacevolmente;
i
pezzi mi hanno
accordato
una
tregua
e
ne approfitto:
percorro
gli ultimi 200 metri in lieve discesa
a più
di 20km/h!
Non c'è nessuno da
superare
ma
sentire
le gambe
che obbediscono
spingendo
al
massimo
nonostante
la
stanchezza
è
fantastico
e
farlo
davanti
ad
un pubblico amico
è ancora
meglio;
era
da
qualche
mese che non mi godevo
così
l'ebrezza
di
uno
sprint.
La
piccola
Valentina
con l'amichetta
Ilaria
hanno
contato
gli arrivi
per potermi dare
la
posizione
esatta
“sei
arrivato
diciassettesimo!”
E
non si sono sbagliate.
Secondo
di
categoria,
ho
pensato,
e non mi sbagliavo.
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