La sabbia mi prende i piedi, provo a
sfuggirle cercando traiettorie inesplorate … forse dovrei superare
il confine del bagnato. Invento passi leggeri: vorrei liberarmi dal
peso, spostandolo indietro, poi davanti ma senza esito. Quando il
piede arriva al suolo cercando il principio di azione-reazione, i
maledetti granelli si spostano lasciandomi sprofondare. Sergio e
Damaso che poco prima, sul duro, pensavo di aver staccato
definitivamente, mi superano e scappano via. Anche Francesco
nonostante i zig zag che spesso superano il confine dell'acqua si sta
allontanando. Dietro c'è uno che si avvicina.
Un brivido mi corre
per la schiena … guardo meglio … non è Teo, tranquillo, non è
Teo. Una decina di chilometri prima, nell'altro tratto in cui ero
piantato nelle sabbie mobili, mi aveva raggiunto e superato ma,
appena il suolo era tornato compatto, avevo ripreso a fare l'andatura
e si era staccato. Ora sono di nuovo su queste maledette sabbie
mobili. Un milione di granelli di sabbia, tutti contro di me; mi si
aggrappano addosso, si infilano nelle scarpe, vorrebbero risalirmi le
gambe e poi la schiena per seppellirmi ma li scrollo via.
Si soffre, sì, ma non mi posso
lamentare. Sarebbe un po' come lamentarsi che il pane integrale fa
cagare. Sì, è vero, fa cagare ma è fatto apposta. Ci sono le fibre
che stimolano l'intestino, lo buttano giù dal letto a frustate e
tutto ciò che segue. Questa sofferenza è fatta apposta per essere
vissuta e poi raccontata e loro, questi maledetti lillipuziani di
pietra sono solo lo strumento, sono le fibre indigeste che infestano
la mia corsa.
La mia tecnica di corsa è annullata.
Come in un incubo cerco di scappare ma le gambe non rispondono e
restano piantate. Sembra infinito questo ultimo chilometro di
spiaggia ma ecco le bandiere; mi sono svegliato, l'incubo è finito:
la sabbia tiene e finalmente arrivo.
Corsa anomala, divertente, fra pini,
dune e tracce di prato che tentano di conquistare il deserto. Si
corre alla continua ricerca del suolo compatto, con Teo, Damaso e
Sergio alle calcagna e Francesco poco avanti; ero convinto di poter
puntare al quinto posto … poi quell'ultimo chilometro d'inferno.
Ieri sono tornato a correre in montagna
per 17 km. I piedi a circa metà percorso hanno cominciato a
bruciare; ho sentito una strana sensazione di sfregamento e i primi
vagiti di una piccola vescica crescere sull'alluce destro. Quando,
nella doccia, ho tolto la scarpa e sfilato la calza, li ho finalmente
trovati; erano lì, fra le dita dei piedi. Ancora loro, i maledetti
granelli di is arenas. Si erano nascosti in qualche piega della
scarpa per farmi soffrire ancora, anche in montagna.
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