Lo conoscevo solo di vista. So che
aveva la mia età, era un MM45 – fra atleti gli anni si contano 5
alla volta – e, un anno fa, è morto.
Gli amici di Giancarlo hanno
organizzato una gara in suo ricordo, su un bellissimo percorso
panoramico su e giù dal colle San Michele; la foschia attenua la
visuale accentuando le lontananze e lasciando spazio
all'immaginazione, ai “sovrumani silenzi e profondissima
quiete”.
Il
percorso
è
divertente, mosso
con moto ondoso in aumento, mi
fa inghiottire il cuore nelle salite e poi pestare le gambe nelle
discese, inclinare
in curva per non rallentare aspettando la scivolata che non arriva.
Divertimento, fatica, suggestione, soddisfazione per un risultato che
illumina un
miglioramento, un altro piccolo passo verso l'eterna giovinezza. Giancarlo corre.
Mi sono fermato a guardare la sua foto
in grandezza naturale, anche lui con quell'espressione di fatica ed
entusiasmo, quella passione che ci fa amare la vita, attaccarci ad
essa e volerla vivere ancora a lungo, o almeno ancora un po' e a
volerne un'altra quando questa finisce. Ancora una, una soltanto.
Chiedo poco: voglio solo un'altra vita.
Il cielo ha cominciato a lacrimare
dolcemente.
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