Foto di Sonia Siddi |
Per uscire dalla
“zona notte” sono costretto ad aggrapparmi alla ringhiera delle
scale. Ho anche mal di gola e mi cola il naso. Forse farei meglio a
restare in zona notte ad aspettare il prossimo tramonto ma lì fuori,
in zona giorno, ci sarà “una bellissima giornata di sole, di
sport, di festa …”.
2019
Domenica mattina,
alle 6:30 ho già lasciato la “zona notte” per un viaggio di sola
andata. Non sono ancora iscritto alla “corri Molentargius” e non
so se farlo. C’è allerta meteo e, per vedere quanto le prospettive
di pioggia fossero probabili, mi sono messo davanti al computer ad
osservare macchie gialle che si allargano su mappe satellitari. Poi,
appurato che la pioggia sarebbe stata una certezza, dovevo decidere
se mi andasse di correre sotto la pioggia. Ho immaginato i piedi che
entrano nelle pozzanghere, il fango che schizza e la fresca acqua
piovana che scorre sulla pelle penetrando attraverso i vestiti … e
ho deciso di partecipare. “Sarà una bellissima giornata di
pioggia, di sport, di festa …”
La realtà non
smentisce le previsioni e prima della partenza sta già diluviando.
Gavino decide la strategia: restiamo in auto fino a 5 minuti prima
della partenza, poi corriamo dal parcheggio fino allo start.
E, puntualissimi, alle 9:55, io, Bruno e Gavino usciamo di
corsa dall’auto. Arriviamo giusto in tempo per qualche saluto e per
osservare la bizzarra fauna di podisti alla linea di partenza:
Valentina correrà
con l’ombrello, Luca con l’impianto stereo nello zaino a sparare
decibel, altri partono insaccati come salsicce, altri ancora paiono
voler essere assolutamente sicuri di non inseminare nessuno.
Correte, che sta per
piovere!
È bello correre in
spinta, con i piedi che sollevano schizzi di fango e il bocchettone
semiaperto per far entrare aria in abbondanza. Non sono allenato per
questo e l’andatura non è molto veloce ma il gesto mi dà gusto.
Dopo un paio di km mi tolgo la giacchetta e la lego elegantemente
alla vita. Sono caldo a sufficienza per sentire l’acqua fresca che
scorre sulla pelle senza congelarmi. Smetto anche di evitare le
pozzanghere che se anche arrivo a casa infangato il papà non mi
sgrida, perché il papà ora sono io.
Al bivio per la
non-competitiva, sono già un po’ stanco ma non abbastanza da
battere in ritirata e giro a destra seguendo il flusso principale.
Ultimi 2 km. Gli
atleti intorno a me spremono le ultime energie. Io le ultime energie
le devo tenere. Quel pezzetto di cuore che resta mi serve anche per
mangiare, dormire, cagare e tutto il resto. Sono non-competitivo per
necessità e quando mi superano, sento un clic nella testa ma spara a
salve e lascio passare senza reagire. Arrivo in poco più di 52
minuti, in una decentissima posizione media. La festa è ridotta ai
minimi termini, giusto il tempo di dissipare il calore accumulato e
cominciare a tremare. La birra fresca non attira e si torna in fretta
all’auto ma è comunque stata una “bellissima giornata di
pioggia, di sport, di festa …” che chi è rimasto in zona notte
non può neanche immaginare.
P.S. Purtroppo, a
causa dei 52 minuti di ammollo, si è cancellato quell’orlino nero
disegnato con la magica polvere nera di Macomer, che, da 3 settimane,
mi decorava le unghie dei piedi.
Foto di Silvio Figus |
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