Se non si corre nessun
rischio non si vive perché anche solo respirare potrebbe fare
entrare nei polmoni un microbo o una particella letale. Se si rischia
troppo non si vive perché si muore. La giusta misura sta quindi da
qualche parte in un punto d'equilibrio lì nel mezzo. Osare qualcosa
per vivere intensamente, possibilmente senza morire. La grande
maggioranza delle persone resta chiusa in un salotto vicino al limite
del non vivere per non rischiare di essere uccisa da una goccia
d'acqua sulla testa. Qualcuno, molti pochi, stanno oltre il punto
d'equilibrio vivendo al massimo e sperando di sopravvivere a rischi
estremi. Il pensiero, affettuoso, va a Roberto Zanda. Io
personalmente mi aggiro lì nel mezzo cercando l'equilibrio perfetto
anche se so bene che non esiste perché dipende dalla fortuna, da
possibili, più o meno probabili, incidenti. Penso anche a mio padre
che in uno di quegli incidenti ha perso la vita. Pioveva quel giorno
in val Ferret, piove oggi. Farà freddo e viene freddo anche solo a
guardare i titoli dei giornali che evocano il soffio gelido di
Burian. Ma si parte, chi consapevole, chi no, per la nostra
avventura; sarà un estremicchio molto controllato e con probabilità
di rientro con i quattro arti del 99,99%.
Già salendo alla parte
alta di Santu Lussurgiu, capisco che sarà Agnese la mia compagna di
viaggio e ne sono contento perché mi piace molto la sua grinta e il
suo entusiasmo contagioso. Devo accompagnarla al
traguardo entro il tempo limite che coincide col calar delle tenebre.
Quindi oggi lei è il mio SCOPO e io sono la sua SCOPA, in un
interessantissimo rapporto di coppia con inversione di genere. Lui al
femminile, lei al maschile, un buono sceneggiatore potrebbe scriverci
una piccante commedia all'italiana ma nella realtà si è svolto
tutto in modo estremamente professionale.
Agnese dà il ritmo, io
la seguo. Mi basta poco per imparare il suo ritmo e allora mi metto
davanti anche perché ho occhio e intuito per vedere i nastri, in
parte calpestati e nascosti dalla neve. Anche lì mi ci vuole poco
per capire la strategia di nastratura; basta entrare nella testa dei
nastratori che hanno provato ad entrare nella testa degli atleti:
pochi nastri dove si deve andare dritti e moltissimi dove ci sono
svolte o immissioni. Purtroppo i nastratori non immaginano che agli
atleti impegnati nella corsa resta un solo neurone per prendere le
decisioni. Lo so bene perché succedeva anche a me. E allora quelli
particolarmente attenti se non hanno un nastro a vista si preoccupano
e magari si fermano e tornano indietro a cercarli mentre altri
particolarmente disattenti non vedono neanche le svolte segnatissime
rischiando di disperdersi. L'unica soluzione sarebbe accompagnarli
per mano uno per uno ma io, scusate, ne seguo uno alla volta, sono un
professionista e oggi sono già occupato.
Seguendo la “yellow
brick road” dei fiocchi gialli e neri ci si immerge in un mondo
magico, pieno di sorprese, di variazioni continue. La zona alta, dei
roccioni vulcanici e dei panorami sconfinati è perennemente avvolta
dalle nuvole e lo sguardo va a sbattere contro una barriera
fittissima di goccioline d'acqua in sospensione. Ma poi si scende nel
bosco, dove si trovano alberi abitati, cascate rigogliose, sentierini
pavimentati in morbida terra, balconi con vista mare. È una goduria
continua.
L'acqua, in tutti i suoi
stati – solido, liquido e vapore – proveniente da tutte le parti,
da sopra a sotto, è la protagonista. Quando decido di mettere il
cappuccio, è già mezzo pieno d'acqua e un gelido rivolo mi percorre
la schiena. Scorre anche sul terreno creando pozze e torrenti
estemporanei che occupano tutto il sentiero. Guadi e pozzanghere
prima si evitano con cura, poi si fa finta di non vederli e alla fine
si cercano, per sciacquare i piedi dal fango e far rilassare i piedi.
Ogni 60 minuti, infatti, è opportuno decongestionare piedi e
caviglie con un'applicazione di freddo e qui è tutto offerto.
La candida neve, simbolo
di purezza, nel volgere di poche ore si è trasformata in guazzetto
grigio e poi in melma marrone, simbolo di impurità. È sicuramente
una metafora di qualcosa che però ora mi sfugge; per me è tutta
natura e ci sguazzo con piacere. Agnese invece la odia ma, sia pure
imprecando, va avanti risoluta.
La scopa e il suo scopo
dopo poco più di 9 ore, rientrano in paese per l'arrivo. La mente
però non si ferma; continua a correre verso Domusnovas per il trail
del Marganai, dove splende sempre il sole.
Un brivido corre sulla
schiena di tutti quando ci si accorge che un atleta manca
all'appello. Si sono perse le sue tracce da diverse ore ed è già
buio. Il pensiero torna a quello 0.01% di probabilità di incidente.
Per fortuna poco prima delle 8 arriva anche lui. L'equilibrio oggi è
stato pienamente raggiunto e me ne posso andare a dormire
estremamente soddisfatto. Un altro giorno pieno di vita è passato e
me ne restano altri 17150!
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