Comandante Gianni: “La solitudine in
Supramonte regala spazio, libertà, silenzio, mal di piedi e sogni
agitati. La solitudine in Supramonte è un'esperienza senza
paragoni.”
Io: “La prossima volta ti
accompagno, dev'essere proprio bello condividere la solitudine.”
CG: “Certo, poi là ce n'è tanta,
basta per tutti.”
Sabato Eravamo in 4 a condividere la
solitudine. Con me e il comandante Gianni, Checco l'ingegnere e su
dottore Cirro Flavionis soprannominato “Flavio Cirronis”. E in 8
ore non abbiamo incontrato nessuno … Peppino a parte.
Il comandante era attrezzatissimo: gps
cartografico con mappe igm sovrapposte ad immagini satellitari e
sopra, disegnata con una linea rossa, la traccia da seguire. Sarebbe
stato perfetto se solo non avesse scordato gli occhiali in macchina e
tutta questa meraviglia tecnologica non fosse poco più che una
macchia sfocata ai suoi occhi. Ma il comandante ha intuito da vendere
e facendoci credere di vedere benissimo, ci ha condotti con piglio
sicuro e poche sbavature lungo un bellissimo giro di 45 km sul
supramonte e, quando qualcuno aveva dubbi, veniva rincuorato con un
“moriremo tutti”.
Le rocce spuntano maestose dalla
foresta con pareti verticali apparentemente inaccessibili. Una lunga
strada prima ne raggiunge la base per poi aggirarle; la solitudine ci
attanaglia ma ecco Peppino. L'ingegnere cerca di tagliare corto:
“avevo detto sabato pomeriggio, ora sono fuori”. Si entra nel
regno di roccia. Pietre, massi e distese di roccia bianca disegnate
con pazienza millenaria da acqua e vento, con alberi tenaci che
spuntano direttamente dalla roccia. Le calpesto e loro reagiscono con
durezza segnandomi di nero le punte dei piedi. Checco invece saltella
leggero con i suoi sandali infradito e viene risparmiato. Dopo
chilometri il comandante avverte : “Occhio, Cirro, c'è una pietra
sul sentiero!”
Intanto Peppino si è accampato a casa
dell'ingegnere che si lascia sfilare dietro con discrezione ma ne
sentiamo la voce: “SABATO POMERIGGIO, avevo detto POMERIGGIO”
Ecco cuile Pistoccu, eretto con arte
millenaria: una base circolare di pietra su cui sono appoggiati e
legati a cono, alti fusti di ginepro. Il pastore veniva per stare 6
mesi l'anno nutrendosi solo di pane carasau e pecorino. Mi siedo e
proprio accanto a me noto un beauty case alitalia con dentro tutto il
necessaire per la bellezza; immagino bagni in camera e wifi all'hotel
Pistoccu.
Ed ecco su suercone: voragine immensa,
pendenza negativa, spettacolo della natura. Sembra un cratere su
questo pianeta di pura roccia.
Quando arriviamo a campu donianigoro,
si calpesta finalmente un po' di morbido humus. “Terra!” urlo,
non siamo più sulla luna.
È pomeriggio, pensiamo a Peppino che
aspetta l'ingegnere con rinnovata speranza.
Al Poetto non ci sono pietre, non c'è
solitudine. La disidratazione avanza nel caldo pomeriggio e colpisce
prima le borracce, poi le gole, poi i cervelli. L'ingegnere intanto
canta. È una canzone sarda, per fortuna non è un'aria d'opera, ci
sono speranze. Attraversiamo foreste di maestosi alberi millenari.
Distese di felci, un'altra voragine, non mi stupirei di vedere
spuntare un dinosauro. Ecco invece un camaialonte che si mimetizza,
immobile, su sfondo grigio. Ho visto anche un daino o forse era un
leone. La fontana sputacchia sparute gocce di saliva calda. Puh,
puh, 10 minuti per riempire ogni borraccia e si riparte. Mancano 7 km
… ora 9. Il comandante non riesce a leggere e dà numeri buoni da
giocare. Ora però riconosciamo la strada dell'andata e le birre nel
cofano da miraggio si trasformano in prospettiva probabile e poi in
realtà tangibile.
“La solitudine in Supramonte regala
spazio, libertà, silenzio, mal di piedi e sogni agitati. La
solitudine in Supramonte è un'esperienza senza paragoni.”
Grazie, comandante, per averla
condivisa con noi.
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