domenica 7 dicembre 2025

La corsa in montagna non è atletica

Molti allenatori affermano che la corsa in montagna non sia atletica. E hanno ragione. Qualcuno aggiunge: “è un altro sport”, ma qui sbaglia. La corsa in montagna non è uno sport. Uno sport, come l’atletica o il tennis, è un’attività fisica che si impara esercitando movimenti specifici. Ma la corsa in montagna non si impara, si scopre. Ce l’abbiamo dentro, scritta da qualche parte nel nostro DNA: l’uomo è fatto per inseguire mandrie di bisonti e i bisonti non scappano girando su piste in tartan lunghe 400 metri. Se i bambini non fossero educati alla sedentarietà, correrebbero nei campi, nei boschi, sulle spiagge, dovunque. Se non fosse per i “non correre che sudi”, “vai piano che cadi”, “non andare lì che ti sporchi”, “non uscire che piove” diventerebbero tutti trail runners, senza bisogno di insegnamenti. Ricordo un dialogo con mia figlia Sofia quando frequentava la prima elementare: “ti piace la scuola?” “No” “perché no?” “Perché dobbiamo stare 5 ore seduti con la maestra che pretende di insegnarci qualcosa”. Mea culpa. Come genitori avevamo fallito, non eravamo riusciti ad educarla alla sedentarietà. Per fortuna ci ha pensato la scuola e ora riesce a stare chiusa in casa seduta per ore senza soffrire. Ma quanto è bello poi liberarsi dalla rete e riscoprire quello per cui siamo fatti. E’ come una fisioterapia che rieduca il corpo atrofizzato da un “incidente” che ci ha costretti per anni seduti su una poltrona. Si riscopre il gusto di sudare, di cadere, di bagnarsi e sporcarsi, respirare a pieni polmoni, lasciarsi carezzare dal cisto bagnato, danzare fra le pietre di un dirupo … e non fa solo bene al corpo ma anche alla mente che si sazia d'aria, di movimento, di quella stessa sensazione di stanchezza bella, sana, naturale che si prova dopo l’amplesso. La corsa in montagna non è uno sport, è libertà.

lunedì 8 settembre 2025

Eclissi

Ieri sera ho assistito ad un eclissi totale di luna. Uscito dalla zona residenziale, mi sono diretto lungo il canale che entra nella laguna; lì non c’è niente che copra la visuale, fino al mare: è il posto ideale per vedere sorgere la luna. Non sono solo. Vedo a distanza un paio di persone e immagino che siano lì per la mia stessa ragione ma si fanno accompagnare da cani robusti poco inclini all’astronomia e, dopo un breve giro, tornano verso le case. Sta arrivando l’ora. Il sole è tramontato da poco e il calcolo delle effemeridi non lascia dubbi. La luna sta sorgendo. Mi volgo a vedere le ultime luci del tramonto e traccio una retta ideale per individuare il punto diametralmente opposto da cui sta sorgendo la luna. Non ci sono dubbi, la luna è lì ma … colpo di scena, non si vede un cazzo! Il nostro satellite è così ben eclissato che non riesce a trasparire attraverso l’atmosfera carica d’umidità. Resto lì per 5 minuti ad osservare quella leggera foschia bluastra che si poggia sul mare nelle sere d’estate dove dovrebbe esserci la luna ma non c’è. Sto assistendo ad un’eclissi totale! Un brivido d’emozione mi corre lungo la schiena ma presto l’idea dell’insalata di pomodori, basilico e burrata ha il sopravvento e torno a casa a cenare.

sabato 10 aprile 2021

Oggi strada

Ogni tanto ci vuole. Un po’ di corsa veloce, senza ostacoli, con un dislivello limitato aiuta a sciogliere le gambe. Da un paio di settimane, ogni volta che esco, mi ritrovo su sentieri fatiscenti, che si perdono in mille tracce, fra cisto, lavanda e cespugli di ginepro in fiore. Oggi no, oggi si corre. Prendo le scarpe più lisce che ho, da puro asfalto; anzi, per averle avevo dovuto mentire al commesso culone, dicendogli che correvo abitualmente sotto i 3’50 al km, che per andare 4’00 secondo lui non andavano bene. Sono pronto e parto ma i 3’50 non mi vengono bene. Beh, tanto vale allora lasciare l’asfalto, un po’ di strada sterrata non farà male. Dopo un paio di chilometri, la sterrata lascia il posto ad un sentiero ma è quasi strada, tanto che lo percorrono anche in bici e ci si corre bene. Quando il sentiero sta per sbucare sulla strada, mi cade l’occhio su una variante a sinistra: questo sentiero pulito e liscio dove va? Bastano poche decine di metri che il sentiero diventa meno pulito e meno liscio ma ormai mi trovo dentro un bosco incantato a me sconosciuto; sono stregato e posso solo andare in avanti. Quando la vegetazione si dirada, come torrioni appaiono le cime. Devo salire per avvicinarmi a quella cresta rocciosa. Arrampicandomi su per un pendio scosceso, arrivo in cima, a 400m di quota, circondato da un mondo di roccia disordinato e affascinante. Ho una vaga idea di dove mi trovo e decido di scendere dall’altra parte; se tutto va bene, dovrei arrivare al parco della comunità montana di Capoterra. Le tracce di carbonaia che mi hanno portato su, lasciano il posto a una carrareccia distrutta dalle alluvioni e invasa dalla vegetazione che scende verso il fondo di una valle selvaggia. Quando arrivo in fondo, ecco il cartello segnaletico che mi rassicura. Tutto come previsto: dovevo fare strada e sono su strada; era solo un dosso.

lunedì 15 giugno 2020

Lo Stelvio scende a Capoterra

Se il passo dello Stelvio è a 2700m, il passo di genne soi è a 240m. Se lo Stelvio ha 48 tornanti, genne soi ne ha 3. Se lo Stelvio ha il ghiacciaio, noi abbiamo la ghiacciaia, femmina, che ci tiene in fresco le birre. Non ne farei una questione di genere. Insomma, è quasi la stessa cosa, solo più piccolo e femmina.
L’amico Gianmarco aveva deciso di partecipare alla versione virtuale della maratona dello Stelvio (https://it.stelviomarathon.it/virtualrun) percorrendo un circuito di 2.5 km con 145m di dislivello per salire a genne soi, nel parco di is olias. Facendo 17 giri, avrebbe raggiunto i 42.2km e 2500m D+ della gara originale. A differenza di quella, in cui la discesa è quasi inesistente, il suo circuito prevede altrettanto dislivello in discesa ed è quindi decisamente più duro.
Abbiamo deciso di aiutarlo nell’impresa organizzando un tavolo ristoro serio con acqua, caffè, anguria, pasticcini e, ovviamente, birra fresca una sorta di “bar Sport” ma per sportivi veri e di invitare chiunque volesse ad unirsi a lui.
Sabato, nonotante il brutto tempo, siamo una ventina a correre, su e giù da genne soi.
Gianmarco viene a trovarci ma, purtroppo, non può correre, fermato da un problema fisico ma ci sono ben altri 4 che si cimentano sulla distanza dei 42 km, portandola anche a termine e tanti altri amici ed amiche ognuno col suo obiettivo di fatica e divertimento.
Ci sono anche io, senza iscrizione, senza gps e con gli obiettivi tutti da inventare. La prima idea era di fare il giro dei bar, bevendo una birra ad ogni giro, fino a cadere a terra stremato. Poi le incombenze organizzative mi hanno fatto desistere e fino alle 9 resto ad assistere quelli che corrono. Poi parto anch’io.
Piove e decido di indossare il capo tecnico migliore, quello che lascia scivolare l’acqua senza appesantirsi, che si asciuga più velocemente, che si riscalda dall’interno, che traspira senza appiccicarsi alla pelle; allora tolgo la maglietta fradicia e resto a torso nudo con la mia pelle taglia “M”. Il ticchettio della pioggia sulla pelle nuda, il piacere di incrociare gli altri o fare un pezzo di strada con loro, di staccarli in salita, di tagliare i tornanti nelle discese, di sentire le cosce che bruciano nei tratti di salita che superano il 20% ma senza mai smettere di correre, mi riempiono di quelle sensazioni che provavo in gara e che mi hanno fatto appassionare a questo sport. Non ho obiettivi, se non quello di divertirmi a correre e il piacere dura 5 giri, fino a quando la schiena inizia a darmi fastidio nelle ripide discese e i muscoli ad irrigidirsi in salita. Allora mi fermo al bar e mi siedo dietro al bancone, non per servire ma per servirmi e scambiare 4 chiacchiere con i clienti.
Abbiamo contato circa 200 passaggi al bar Sport, facce sempre più sconvolte dalla stanchezza ma sempre più umane, sorridenti, bisognose di incitamenti, assetate di socialità. Qualcuno, anche se non ha sete, entra per scambiare due chiacchiere o solo per gli occhi dolci della barista. Anche quelli che le prime volte passavano frettolosi solo a bere un caffè o un bicchiere d’acqua, ora si fermano a ristorarsi con calma. Ormai sono clienti abituali, gente che entra con un sorriso e chiede: “il solito”, ognuno con il suo bicchiere personalizzato. Riesco a convincere qualcuno che la birra non è solo per il dopo corsa ma ha la sua ragion d’essere anche durante e i tappi volano.
Sabato lo Stelvio è sceso a Capoterra portando nuvole e pioggia, corsa, divertimento. Una corsa virtuale piena di vita reale, di birra e sudore, di contatti sociali che, pur non nella contemporaneità dell’assembramento dei classici “dopo gara”, ma diluiti e ripetuti nel tempo alla frequenza di risonanza, sono stati mezzo di condivisione e scambio, veicolando e amplificando la passione comune per la corsa in montagna. È stata, insomma, un’esperienza molto positiva e da ripetere.
Alla prossima!

lunedì 20 aprile 2020

Tutti al mare!


I grandi marchi rispondono.
Dal preservativo alla lotta contro il coronavirus. “Siamo, da sempre stati in prima linea per la prevenzione degli incidenti”. La DureZ risponde alla Plexiglas e, considerate le richieste del mercato, ha iniziato a convertire i suoi impianti nella produzione di mega-preservativi in cui ci potremo infilare tutti interi per produrre, consumare, andare in spiaggia, copulare e soprattutto crepare in tutta sicurezza.

mercoledì 15 aprile 2020

Com'è cambiato il "senso civico" degli italiani nell'era covid.


L’italiano è bravo a muoversi nel caos perché è capace di giudicare le situazioni e adattarsi ad esse … o forse lo era. Scoprite le piccole differenze fra questi due casi tipici di due mesi fa e di oggi.

Consideriamo una regola fissata genericamente per garantire la sicurezza di sé stessi e degli altri. Un caso tipico è il “limite di velocità” per le auto sulle strade.
Queste regole sono scritte seguendo criteri generici. Per esempio, il limite è fissato a 50km/h in presenza di un incrocio, senza valutare il tipo di incrocio, la visiblità o altro. Ci sono poi delle situazioni in cui il rispetto della regola aumenta il rischio di incidente anziché diminuirlo. Per esempio, se si rispetta il limite in un tratto di strada in cui quasi nessuno lo rispetta, si aumenta il rischio di tamponamenti o di incidenti causati dai sorpassi che gli altri automobilisti sarebbero “costretti” a fare per rispettare la loro tabella di marcia.
Un cittadino può seguire la regola alla lettera oppure fare valutazioni proprie e non seguirla rischiando una contravvenzione. Molti italiani, per esempio, in certe occasioni, superano il limite di velocità perché lo giudicano eccessivamente limitante e non proporzionato al rischio effettivo o, addirittura, più rischioso del mancato ripetto.
Se un italiano vede la polizia appostata per i controlli, il più delle volte avverte gli altri cittadini per non fargli prendere la contravvenzione.

Consideriamo una regola fissata genericamente per garantire la sicurezza di sé stessi e degli altri. Un caso tipico è il “limite di distanza dall’abitazione” per passeggiate e jogging.
Queste regole sono scritte seguendo criteri generici. Per esempio, il limite è fissato a 200 m senza valutare se ci si trovi in città, in campagna o addirittura in un deserto. Ci sono poi delle situazioni in cui il rispetto della regola aumenta il rischio di incidente anziché diminuirlo. Per esempio, se si rispetta il limite in una zona densamente abitata, il rischio di incontrare persone e favorire il contagio è più alto di quello che si correrebbe se ci si allontanasse verso zone meno popolate.
Un cittadino può seguire la regola alla lettera oppure fare valutazioni proprie e non seguirla rischiando una contravvenzione. Qualche italiano, per esempio, in certe occasioni, supera il limite di distanza perché lo giudica eccessivamente limitante e non proporzionato al rischio effettivo o, addirittura, più rischioso del mancato ripetto.
Se un italiano vede la polizia appostata per i controlli, il più delle volte avverte la polizia per far prendere la contravvenzione agli altri cittadini.

sabato 11 aprile 2020

Le nuove settimane


12 febbraio 2022 – 100a settimana di quarantena.
Le settimane sono ormai cadenzate dalla raccolta differenziata: umedì, cartedì, plastichedì, secchedì, vetredì … la domenica, finalmente, si può riposare che non passano ma molti ne sentono la mancanza. Che emozione, infatti, quando passa il camioncino! Ci si veste per portare fuori l’immondizia con abiti intonati al colore del bidone: marron merda di umedì e così via e ci si profuma di conseguenza. Dopo lunghi preparativi, l’emozione sale e arriva il grande momento di aprire l’uscio!
La grande uscita si ferma lì, alla soglia. Come da regolamento, un piede fuori dal cancelletto e l’altro dentro … dai! Oggi che non mi vede nessuno esco anche col sinistro … le gambe tremano dall’emozione. Le donne con i tacchi alti e tracce di rossetto che traspaiono dalla mascherina impiastrata all’interno, gli uomini con completi color bidone mentre i bambini restano affacciati alla finestra in ammirazione, che è una cosa da adulti. “Che figata! Da grande voglio portare fuori il vetro”.