Velleità - il blog di Lorenzo Pisani
domenica 7 dicembre 2025
La corsa in montagna non è atletica
Molti allenatori affermano che la corsa in montagna non sia atletica. E hanno ragione. Qualcuno aggiunge: “è un altro sport”, ma qui sbaglia. La corsa in montagna non è uno sport. Uno sport, come l’atletica o il tennis, è un’attività fisica che si impara esercitando movimenti specifici. Ma la corsa in montagna non si impara, si scopre. Ce l’abbiamo dentro, scritta da qualche parte nel nostro DNA: l’uomo è fatto per inseguire mandrie di bisonti e i bisonti non scappano girando su piste in tartan lunghe 400 metri. Se i bambini non fossero educati alla sedentarietà, correrebbero nei campi, nei boschi, sulle spiagge, dovunque. Se non fosse per i “non correre che sudi”, “vai piano che cadi”, “non andare lì che ti sporchi”, “non uscire che piove” diventerebbero tutti trail runners, senza bisogno di insegnamenti. Ricordo un dialogo con mia figlia Sofia quando frequentava la prima elementare: “ti piace la scuola?” “No” “perché no?” “Perché dobbiamo stare 5 ore seduti con la maestra che pretende di insegnarci qualcosa”. Mea culpa. Come genitori avevamo fallito, non eravamo riusciti ad educarla alla sedentarietà. Per fortuna ci ha pensato la scuola e ora riesce a stare chiusa in casa seduta per ore senza soffrire.
Ma quanto è bello poi liberarsi dalla rete e riscoprire quello per cui siamo fatti. E’ come una fisioterapia che rieduca il corpo atrofizzato da un “incidente” che ci ha costretti per anni seduti su una poltrona. Si riscopre il gusto di sudare, di cadere, di bagnarsi e sporcarsi, respirare a pieni polmoni, lasciarsi carezzare dal cisto bagnato, danzare fra le pietre di un dirupo … e non fa solo bene al corpo ma anche alla mente che si sazia d'aria, di movimento, di quella stessa sensazione di stanchezza bella, sana, naturale che si prova dopo l’amplesso.
La corsa in montagna non è uno sport, è libertà.
lunedì 8 settembre 2025
Eclissi
Ieri sera ho assistito ad un eclissi totale di luna.
Uscito dalla zona residenziale, mi sono diretto lungo il canale che entra nella laguna; lì non c’è niente che copra la visuale, fino al mare: è il posto ideale per vedere sorgere la luna.
Non sono solo. Vedo a distanza un paio di persone e immagino che siano lì per la mia stessa ragione ma si fanno accompagnare da cani robusti poco inclini all’astronomia e, dopo un breve giro, tornano verso le case.
Sta arrivando l’ora. Il sole è tramontato da poco e il calcolo delle effemeridi non lascia dubbi. La luna sta sorgendo. Mi volgo a vedere le ultime luci del tramonto e traccio una retta ideale per individuare il punto diametralmente opposto da cui sta sorgendo la luna. Non ci sono dubbi, la luna è lì ma … colpo di scena, non si vede un cazzo! Il nostro satellite è così ben eclissato che non riesce a trasparire attraverso l’atmosfera carica d’umidità.
Resto lì per 5 minuti ad osservare quella leggera foschia bluastra che si poggia sul mare nelle sere d’estate dove dovrebbe esserci la luna ma non c’è. Sto assistendo ad un’eclissi totale! Un brivido d’emozione mi corre lungo la schiena ma presto l’idea dell’insalata di pomodori, basilico e burrata ha il sopravvento e torno a casa a cenare.
sabato 10 aprile 2021
Oggi strada
Ogni tanto ci vuole. Un po’ di corsa veloce, senza ostacoli, con un dislivello limitato aiuta a sciogliere le gambe. Da un paio di settimane, ogni volta che esco, mi ritrovo su sentieri fatiscenti, che si perdono in mille tracce, fra cisto, lavanda e cespugli di ginepro in fiore.
Oggi no, oggi si corre. Prendo le scarpe più lisce che ho, da puro asfalto; anzi, per averle avevo dovuto mentire al commesso culone, dicendogli che correvo abitualmente sotto i 3’50 al km, che per andare 4’00 secondo lui non andavano bene.
Sono pronto e parto ma i 3’50 non mi vengono bene. Beh, tanto vale allora lasciare l’asfalto, un po’ di strada sterrata non farà male. Dopo un paio di chilometri, la sterrata lascia il posto ad un sentiero ma è quasi strada, tanto che lo percorrono anche in bici e ci si corre bene. Quando il sentiero sta per sbucare sulla strada, mi cade l’occhio su una variante a sinistra: questo sentiero pulito e liscio dove va? Bastano poche decine di metri che il sentiero diventa meno pulito e meno liscio ma ormai mi trovo dentro un bosco incantato a me sconosciuto; sono stregato e posso solo andare in avanti. Quando la vegetazione si dirada, come torrioni appaiono le cime. Devo salire per avvicinarmi a quella cresta rocciosa. Arrampicandomi su per un pendio scosceso, arrivo in cima, a 400m di quota, circondato da un mondo di roccia disordinato e affascinante. Ho una vaga idea di dove mi trovo e decido di scendere dall’altra parte; se tutto va bene, dovrei arrivare al parco della comunità montana di Capoterra. Le tracce di carbonaia che mi hanno portato su, lasciano il posto a una carrareccia distrutta dalle alluvioni e invasa dalla vegetazione che scende verso il fondo di una valle selvaggia. Quando arrivo in fondo, ecco il cartello segnaletico che mi rassicura. Tutto come previsto: dovevo fare strada e sono su strada; era solo un dosso.
lunedì 15 giugno 2020
Lo Stelvio scende a Capoterra
Se il passo dello Stelvio è a
2700m, il passo di genne soi è a 240m.
Se lo Stelvio
ha 48
tornanti, genne soi ne ha 3. Se
lo Stelvio ha il ghiacciaio, noi abbiamo la ghiacciaia, femmina, che
ci tiene in fresco le birre. Non
ne farei una questione di genere. Insomma,
è quasi la stessa cosa, solo
più piccolo e femmina.
L’amico Gianmarco aveva
deciso di partecipare alla versione virtuale della maratona dello
Stelvio (https://it.stelviomarathon.it/virtualrun)
percorrendo un circuito di 2.5 km con 145m di dislivello per
salire a genne soi, nel
parco di is olias. Facendo 17 giri, avrebbe
raggiunto
i 42.2km e 2500m D+ della gara originale. A differenza di quella, in
cui la discesa è quasi inesistente, il suo
circuito prevede altrettanto dislivello in discesa ed è quindi
decisamente più duro.Abbiamo deciso di aiutarlo nell’impresa organizzando un tavolo ristoro serio con acqua, caffè, anguria, pasticcini e, ovviamente, birra fresca – una sorta di “bar Sport” ma per sportivi veri – e di invitare chiunque volesse ad unirsi a lui.
Sabato,
nonotante
il brutto tempo,
siamo una ventina a correre,
su e giù da genne soi.
Gianmarco
viene a trovarci ma,
purtroppo, non può correre,
fermato da un problema
fisico ma
ci sono
ben altri
4 che si cimentano sulla distanza dei 42 km, portandola anche a
termine e tanti altri amici ed amiche ognuno
col suo obiettivo di fatica e divertimento.
Ci
sono anche io, senza iscrizione, senza gps e con gli obiettivi tutti
da inventare. La prima idea
era di fare il giro dei bar, bevendo una birra ad ogni giro, fino a
cadere a terra stremato. Poi
le incombenze organizzative
mi hanno fatto desistere e fino alle 9 resto
ad assistere quelli che
corrono.
Poi parto anch’io.
Piove
e decido di indossare il capo tecnico migliore, quello che lascia
scivolare l’acqua senza appesantirsi, che si asciuga più
velocemente, che si riscalda dall’interno, che traspira senza
appiccicarsi alla pelle; allora
tolgo la maglietta fradicia e resto a torso nudo con la mia
pelle taglia
“M”. Il ticchettio della
pioggia sulla pelle nuda,
il piacere di incrociare gli
altri o fare un pezzo di
strada con loro, di staccarli in salita,
di tagliare i tornanti nelle
discese, di sentire le cosce che bruciano nei tratti di salita che
superano il 20% ma senza mai smettere di correre, mi
riempiono di quelle sensazioni che provavo in gara e che mi hanno
fatto appassionare a questo sport. Non
ho obiettivi, se non quello di divertirmi a correre e il piacere dura
5 giri, fino a quando la schiena inizia a darmi fastidio nelle
ripide discese e i muscoli
ad irrigidirsi in salita.
Allora mi
fermo al bar e mi siedo
dietro al bancone, non
per servire ma per servirmi
e scambiare
4 chiacchiere con i clienti.
Abbiamo
contato circa 200 passaggi al bar
Sport,
facce sempre più sconvolte dalla stanchezza ma sempre più umane,
sorridenti, bisognose di
incitamenti, assetate di socialità.
Qualcuno, anche se non ha
sete, entra per scambiare due chiacchiere
o solo per gli occhi dolci della barista. Anche
quelli che le prime volte passavano frettolosi solo a bere un caffè
o un bicchiere d’acqua,
ora si fermano a ristorarsi
con calma. Ormai
sono clienti abituali, gente
che entra con un sorriso e
chiede:
“il solito”, ognuno con
il suo bicchiere personalizzato.
Riesco a convincere qualcuno
che la birra non è solo per il dopo corsa ma ha
la sua ragion d’essere anche
durante
e i tappi volano.
Sabato
lo Stelvio è
sceso
a Capoterra portando
nuvole e pioggia, corsa,
divertimento. Una corsa
virtuale piena di vita reale, di birra e sudore, di contatti sociali
che, pur non nella
contemporaneità dell’assembramento
dei classici “dopo gara”,
ma diluiti e ripetuti nel
tempo alla frequenza di
risonanza,
sono stati
mezzo di
condivisione e
scambio, veicolando
e amplificando la passione
comune per la corsa in montagna.
È stata, insomma,
un’esperienza molto positiva e da ripetere.
Alla
prossima!
lunedì 20 aprile 2020
Tutti al mare!
I grandi marchi rispondono.
Dal preservativo
alla lotta contro il coronavirus. “Siamo, da sempre stati in prima
linea per la prevenzione degli incidenti”. La DureZ risponde alla
Plexiglas e, considerate le richieste del mercato, ha iniziato a
convertire i suoi impianti nella produzione di mega-preservativi in
cui ci potremo infilare tutti interi per produrre, consumare,
andare in spiaggia, copulare e soprattutto crepare in tutta sicurezza.
mercoledì 15 aprile 2020
Com'è cambiato il "senso civico" degli italiani nell'era covid.
L’italiano è bravo a muoversi nel caos perché è capace di
giudicare le situazioni e adattarsi ad esse … o forse lo era.
Scoprite le piccole differenze fra questi due casi tipici di due mesi
fa e di oggi.
Consideriamo una
regola fissata genericamente per garantire la sicurezza di sé stessi
e degli altri. Un caso tipico è il “limite di velocità” per le
auto sulle strade.
Queste regole sono
scritte seguendo criteri generici. Per esempio, il limite è fissato
a 50km/h in presenza di un incrocio, senza valutare il tipo di
incrocio, la visiblità o altro. Ci sono poi delle situazioni in cui
il rispetto della regola aumenta il rischio di incidente anziché
diminuirlo. Per esempio, se si rispetta il limite in un tratto di
strada in cui quasi nessuno lo rispetta, si aumenta il rischio di
tamponamenti o di incidenti causati dai sorpassi che gli altri
automobilisti sarebbero “costretti” a fare per rispettare la loro
tabella di marcia.
Un cittadino può
seguire la regola alla lettera oppure fare valutazioni proprie e
non seguirla rischiando una contravvenzione. Molti
italiani, per esempio, in certe occasioni, superano il limite di
velocità perché lo giudicano eccessivamente limitante e non
proporzionato al rischio effettivo o, addirittura, più rischioso del
mancato ripetto.
Se un italiano vede
la polizia appostata per i controlli, il più delle volte avverte gli
altri cittadini per non fargli prendere la contravvenzione.
Consideriamo una
regola fissata genericamente per garantire la sicurezza di sé stessi
e degli altri. Un caso tipico è il “limite di distanza
dall’abitazione” per passeggiate e jogging.
Queste regole sono
scritte seguendo criteri generici. Per esempio, il limite è fissato
a 200 m senza valutare se ci si trovi in città, in campagna o
addirittura in un deserto. Ci sono poi delle situazioni in cui il
rispetto della regola aumenta il rischio di incidente anziché
diminuirlo. Per esempio, se si rispetta il limite in una zona
densamente abitata, il rischio di incontrare persone e favorire il
contagio è più alto di quello che si correrebbe se ci si
allontanasse verso zone meno popolate.
Un cittadino può
seguire la regola alla lettera oppure fare valutazioni proprie e
non seguirla rischiando una contravvenzione. Qualche
italiano, per esempio, in certe occasioni, supera il limite di
distanza perché lo giudica eccessivamente limitante e non
proporzionato al rischio effettivo o, addirittura, più rischioso del
mancato ripetto.
Se un italiano vede
la polizia appostata per i controlli, il più delle volte avverte la
polizia per far prendere la contravvenzione agli altri cittadini.
sabato 11 aprile 2020
Le nuove settimane
12 febbraio 2022 – 100a settimana di quarantena.
Le settimane sono
ormai cadenzate dalla raccolta differenziata: umedì, cartedì,
plastichedì, secchedì, vetredì … la domenica, finalmente, si può
riposare che non passano ma molti ne sentono la mancanza. Che
emozione, infatti, quando passa il camioncino! Ci si veste per portare fuori
l’immondizia con abiti intonati al colore del bidone: marron merda
di umedì e così via e ci si profuma di conseguenza. Dopo lunghi
preparativi, l’emozione sale e arriva il grande momento di aprire
l’uscio!
La grande uscita si
ferma lì, alla soglia. Come da regolamento, un piede fuori dal
cancelletto e l’altro dentro … dai! Oggi che non mi vede nessuno
esco anche col sinistro … le gambe tremano dall’emozione. Le
donne con i tacchi alti e tracce di rossetto che traspaiono dalla
mascherina impiastrata all’interno, gli uomini con completi color
bidone mentre i bambini restano affacciati alla finestra in
ammirazione, che è una cosa da adulti. “Che figata! Da grande
voglio portare fuori il vetro”.
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