È stata un'esperienza nuova. Se si
escludono infatti gli ultimi penosi 35 km del passatore, fatti
strisciando con la frontalina top di gamma del negozio cinese, che,
ad ogni passo, scendeva di uno scatto, non sono mai andato a correre
di notte alla luce delle stelle.
In questa stagione, in cui le
temperature massime spesso toccano i 40 gradi, cercare il fresco
delle ore notturne sarebbe già di per sé una motivazione
sufficiente per uscire a correre dopo il tramonto. Le altre
motivazioni le troverò strada facendo.
L'uscita di martedì, con Enrico e Teo,
è abortita dopo 7 km per un infortunio di Teo – ormai i pelati
sono in decadenza, il futuro è dei brizzolati – con rientro al
passo.
Riprovo in solitaria la sera dopo. Dopo
una cena quasi normale – ma senza alcolici – preparo una
borraccia di acqua e bicarbonato per la digestione e una di powerade
per l'energia, qualche ciccioneddas come integratore, cellulare e
pile di ricambio e, verso le 21.30 parto.
Modulo l'intensità della lampada a
seconda del terreno, in modo da avere il minimo di luce
indispensabile per non rischiare troppo di cadere. Ho usato le
batterie anche ieri alla massima intensità e non so bene quanta
luce mi resti. Con me ho le batterie di ricambio ma, quando penso di
cambiarle al buio, le immagino con i poli invertiti o le vecchie
mescolate alle nuove o che rotolano sotto qualche pietra e io che
aspetto l'alba seduto sul sentiero.
Rispetto al giorno prima, in cui le tre
luci si sommavano, è tutto più buio, affascinante, quasi pauroso.
Si corre bene, la luce è sufficiente a vedere il fondo del sentiero
per non inciampare e le piante intorno per evitare craniate. Quando
il sentiero sbuca sulla sterrata di cresta per il passo di s'enna sa
craba, le luci di Cagliari, dei moli, delle strade colorano la
pianura in basso di strisce giallo-arancione in bellissimo contrasto
col nero del mare. La luce diffusa arriva fin quassù; spengo la
frontale e tutto cambia. Il cielo si accende di stelle, i profili dei
monti si stagliano con diversi toni di grigio. La strada è una
striscia più chiara davanti a me. Non vedo il fondo, quindi tanto
vale alzare lo sguardo verso i monti e il cielo alzando bene anche i piedi
per non inciampare. Superato il passo, lascio la strada che scende,
riaccendo la lampada e continuo a salire di nuovo su sentiero
sconnesso verso punta pala niedda. La notte offre incontri inattesi.
Ogni tanto qualche uccello notturno o pipistrello mi sfiora, forse
attratto dalle nuvole di moscerini che affollano il mio fascio di
luce, altre volte sento rumori che vengono dal bosco. Pensavo fossero
cinghiali, invece, sul sentiero davanti a me, vedo due luci.
Focalizzando meglio lo sguardo, vedo che sono gli occhi di un cucciolo
di daino che riflettono la luce della mia lampada. Mi avvicino con
cautela; solo quando sono a pochi metri da lui, scappa, fermandosi
poco avanti sempre sul sentiero. Di nuovo le due luci che mi fissano da molto vicino. Sto attento ai rumori e mi guardo intorno; so che la madre ha le corna e non vorrei farla arrabbiare
troppo. Dopo un terzo incontro, il piccolo si sposta di lato e mi
lascia passare. Ritornato sulla strada, vorrei fare un'altra
deviazione. Esito un po' perché il sentiero passa vicino all'ovile
di is scillaras e non vorrei che il pastore – che non gode proprio
di un'ottima reputazione – vedendo la mia luce di notte reagisse in
modo aggressivo. Vado lo stesso sperando di passare inosservato.
Quando passo accanto all'ovile sento i campanacci delle capre che si
muovono inquiete per la mia presenza. Un minuto dopo, quando l'ho
appena oltrepassato, sento abbaiare i cani. Aumento il passo; non
sono affatto tranquillo e guardo la strada cercando pietre per
un'eventuale difesa. Gli abbai si allontanano; per fortuna i cani
sono legati e il pastore non li ha sciolti. Entro nel sentiero
sottobosco e mi tranquillizzo. Resta l'ultima salita per tornare al
passo di s'enna sa craba, poi la discesa, percorrendo a ritroso prima la
strada e poi il sentiero dell'andata. Sono stanco; oltre alle gambe,
anche la vista è affaticata dal continuo sforzo per cercare di
valutare il rilievo dei sassi sul sentiero. Il cerchio di luce mi
sembra di averlo in faccia e ogni tanto mi sorprendo a fare il gesto
di spostarlo con la mano.
Poco
dopo la mezzanotte sono a casa sano e salvo. Sono
stanco ma è
stata un'esperienza affascinante, la scoperta di un mondo diverso.
Penso a quelle gare con
centinaia di
pazzi che partono a quest'ora per stare fuori a correre tutta la
notte e buona
parte
del giorno dopo. Tutta la notte. E
mi viene da pensare a quel
cerchio di luce che
piano piano si
stringe ed entra
nel cervello; alla
sensazione di liberazione che si deve
provare
quando arriva l'alba, almeno finché ci si rende conto di non essere
ancora a metà strada.
Riuscirò
mai a
farne
una?
Nessun commento:
Posta un commento