giovedì 30 gennaio 2014

Rivelazioni – seconda puntata.

Riassunto della prima puntata. Lei si esibisce nuda ma nessuno la vede. Solo io. Viaggiamo per pianeti alieni alla ricerca di principi o principesse …

Viaggiamo nel deserto della mente andando a ritroso, alla ricerca del primo principio. Eccolo lì, si vede da lontano, circondato dal vuoto. Lo riconosco dall'aspetto rude, vecchio ma dall'aria indistruttibile. Ha superato indenne tre ere glaciali, innumerevoli invasioni barbariche, le sculacciate della nonna: è il principio di conservazione.
Si presenta parlando uno strano gergo: “dato un insieme I e un'azione A sugli elementi di I, A è buona se aumenta il numero di elementi dell'insieme I, cattiva se li riduce, inutile se non ne altera il numero”. Avrebbe potuto parlare chiaro e dire “morire è una cattiva azione, riprodursi è buona, farsi una sega è inutile” ma comunque il suo obiettivo è chiaro: far sopravvivere questo cavolo di I.
Ci spiega che I può essere una cultura o un insieme di esseri umani. Racconta di essere stato mal interpretato da nazionalisti, razzisti o fondamentalisti che volevano limitare l'insieme di riferimento ad una nazione, un'etnia o un credo religioso, nonostante il suo chiaro invito ad allargare l'insieme il più possibile, ad aumentarne gli elementi non solo attraverso la riproduzione ma anche abbattendone i limiti che lo circondano. Per esempio l'insieme di esseri umani maschi del norditalia bianchi e cattolici, può essere allargato con poca fatica, per il bene di tutti, eliminando quattro aggettivi (e zittendo qualche buzzurro – ndr).
Sebbene non sia generalmente riconosciuto come principio universale, riesce sempre a salvarsi da solo, trovando rifugio nelle tradizioni. Infatti le tradizioni diventano tali dopo aver superato una "selezione naturale” e solo quelle che portano i valori della conservazione1, ovviamente, si conservano.
Anche per questo ne parlo. Riproducetevi e spandete il “verbo” così forse anche questo blog si conserverà, che sarebbe frustrante scrivere sapendo che niente arriverà alle generazioni future. Scolpito nel silicio come i castelli di sabbia fino al grande crash globale che, come un'onda, annullerà la memoria e le identità virtuali2 … ma sto divagando. La “verità” mi ha lanciato un'occhiataccia e sta cominciando a rivestirsi … “aspettami cara, torno subito da te”.
Voi direte che il principio di conservazione è naturale e lo seguono istintivamente tutti gli animali, cos'ha l'uomo in più? L'uomo in più ha la capacità di dimenticarsene e la possibilità di scegliere l'autodistruzione. Qualcuno potrebbe anche obiettare che stiamo parlando di pura “sopravvivenza”; non è lecito chiedere qualcosa di più? Tutto vero, per questo c'è il secondo principio che appoggia e completa il primo in un dualismo perfetto. Qual'è? Voi lo sapete? Io sì e la prossima volta ve lo svelerò. Ora potete chiudere la bocca, la sorpresa è rimandata!

Note:

1 I valori della conservazione non sono le date di scadenza. Sto parlando di un'altra cosa. Di spirito vitale e non di ciliege sotto spirito.
2 Controrivoluzione – la caduta del “socialismo retale” dei social network, a metà fra il socialismo reale e quello rettale


martedì 28 gennaio 2014

San Gregorio – Castiadas

Domenica avevo in programma di partecipare ad una gara di corsa di 8 km ad Arbus. Dopo i 6km del cross di domenica, rientrava perfettamente nella progressione aritmetica che mi porterà ai 21 delle mezze di marzo poi ai 42 della maratona di Cagliari e via verso i 90 del sardinia trail e ai 100 del passatore. Purtroppo questo piano era troppo perfetto per non essere destinato al naufragio. Mercoledì, ultimo giorno utile per l'iscrizione, ricevo infatti una e-mail da Checco

“ … tra l'altro domenica facciamo un trail di allenamento di 33 km da San Gregorio a Castiadas organizzato da Matteo Casula. … Se poi vuoi aggregarti al trail di domenica fatti sentire.”
“Arbus? E che sarebbe? Intendevi forse airbus?” L'io velleitario fa finta di non capire i richiami all'ordine dell'io saggio rifiutando con un pretestuoso mal d'aria l'iscrizione alla gara. L'ecografia è inequivocabile: la progressione aritmetica crescerà deforme con un orribile bozzo.
Alla partenza ho ancora la notte addosso
Alla partenza ho ancora la notte addosso ed è pesante, mi scivola via lungo la prima salita sulla ripida mulattiera.
I cacciatori sono già appostati: uno ogni 100 metri circa pronti a cominciare l'ultima battuta della stagione. Prima che sentano il nostro odore di selvaggina, saliamo via veloci a rifugiarci nella riserva dei “sette fratelli”, famiglia di roccioni granitici che svettano a dominare i mille metri del massiccio boscoso. Ed è proprio lì, circondati da quei maestosi giganti, che il sentiero ci porta dopo una lunga e goduriosa salita nella foresta. Il vento si infila sferzante tra le rocce e le aggira assumendo direzioni imprevedibili. Il sentiero ci obbliga a salti e improvvisi cambi di direzione fra alberi, rocce e rigagnoli. E' un continuo susseguirsi di sorprese e divertimenti come una bella musica sentita per la prima volta. All'improvviso la vista si apre e avanti a noi lontano appare il mare,1000 metri più in basso. 
Dopo una lunga sosta si riparte corricchiando
Qualcuno è stanco e a tratti di corsa si alternano pause sempre più lunghe per ricompattare il gruppo, occasione per scambiare qualche parola con Matteo, Francesco e Dario, ieri sconosciuti e oggi già amici, e con i vecchi compagni d'avventura Checco, Gianni, Claudio, Marta, Caterina e Mauro. L'euforia monta riflettendosi, sempre più gonfia, dall'uno all'altro, nutrita dalla passione comune.
Poi si fa sul serio

Scolpito dal vento come un antico granito
Io e Francesco abbiamo corso anche sull'asfalto, fino alla cooperativa che ci ha ospitati per il pranzo. 38Km con 1300m di dislivello. L'ecografia era corretta: una gobba mostruosa ha deformato la spina dorsale dei miei allenamenti. Un'equazione di terzo grado ha preso violentemente il posto di quella semplice linea retta – “la retta via era smarrita” un viaggio stupefacente è iniziato.
Sazietà completa, soddisfazione, felicità?

Grazie Gavino per le foto. Grazie a tutti per la compagnia

sabato 25 gennaio 2014

Rivelazioni – prima puntata.

Oggi doppia rubrica!
Pignolerie – ovvero piccole cose dette con enfasi.
Scienza da bar – dialoghi per l'accademia del barbera.

E' un po' di tempo che ci penso, ve la dico o non ve la dico? So che nessuno di voi la vuole sentire da me perché crede di saperla già; ognuno infatti ne possiede una copia ma quella vera è unica e, per una serie di circostanze, ci crediate o no, è finita proprio qui da me.
Da bambino credevo ciecamente in quello che mi dicevano gli adulti con quelle arie sicure e voci profonde, finché un episodio (il rapimento Moro) mi fece capire che la realtà era complessa e non avevo capito niente: dovevo cancellare tutto e ripartire da zero senza fidarmi più di nessuno. Al liceo il mio atteggiamento era radicalmente cambiato e prendevo appunti solo quando i professori dicevano delle palesi scempiaggini, riuscendo in tal modo a mantenere la mente libera e pura da condizionamenti culturali. E' grazie alla forza di quest'ignoranza caparbiamente conquistata e conservata con ogni cura che sono riuscito a vederla chiaramente, perché lei è semplice e si esibisce nuda davanti a tutti ma per poterla cogliere bisogna avere il cervello perfettamente vuoto.
L'avrete capito, sto parlando della “verità”.
E ora preparatevi! Mettete gli occhiali da sole, che il bagliore della rivelazione potrebbe bruciarvi gli occhi.
Come sempre si comincia dal principio che se comincio dalla fine poi mi tocca fare tutto in retro.
Il principio è un concetto fondamentale su cui tutti concordano, si usa come base comune per i ragionamenti e permette di definire cosa sia giusto o sbagliato. Se i princìpi non fossero condivisi, le discussioni diventerebbero diverbi inconcludenti come dibattiti televisivi - “ho ragione io” “no, ho ragione io” e tutti e due avrebbero ragione, ognuno secondo il suo principio.
Quali sono allora questi princìpi “universali”?
L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Sarebbe allora il lavoro il principio?
Immaginate un pianeta in cui frutti succosissimi pendono dagli alberi, alieni carini ci fanno le carezze e ci nutrono con ciotole piene di leccornie; dovremmo passare quattro ore al giorno a scavare buche e altre quattro a riempirle per essere dei buoni cittadini? Secondo me no. Il lavoro è un ottimo mezzo di organizzazione sociale, una scala per il progresso ma non può essere un principio. Il progresso stesso non è una necessità quando si è in paradiso. In paradiso non si lavora, si va direttamente in pensione.
Liberté, égalité, fraternité – Tutti gli uomini nascono liberi e uguali. Libertà e uguaglianza. Saranno questi allora? Si citano insieme, notate bene, perché da soli non stanno in piedi. Libertà, senza uguaglianza è anarchia, uguaglianza, senza libertà, è schiavitù sociale (formichismo). In estrema sintesi il conflitto capitalismo-comunismo è un tiro alla fune fra questi due concetti. Tutto si regge sul loro delicato equilibrio e siamo da capo: su quale principio si basa questo equilibrio?
Bene, allora, se non sono libertà, uguaglianza, lavoro, progresso, quali sarebbero questi benedetti princìpi universali? Voi li sapete? Io sì e la prossima volta ve li svelerò. Ora potete chiudere la bocca, la sorpresa è rimandata!
Intanto raccolgo scommesse.


giovedì 23 gennaio 2014

Pezzi sparsi

Le gambe le ho lasciate nel fango del cross di Capoterra. L'intestino invece viaggia verso est ormai da alcuni giorni. Non so esattamente dove sia ma posso dedurre il fuso orario dall'ora in cui si sveglia la mattina. Oggi è in quella striscia di mondo che si sveglia alle tre. Probabilmente in India: il cibo speziato mi fa quest'effetto.
Intanto la testa si aggira confusa fra un pezzo e l'altro preferendo l'altrove fuori dal corpo ormai senza controllo. Decide la pelle.
Oggi, con ciò che mi resta, esco dall'ufficio e in un minuto sono immerso nel bosco gocciolante; la testa non c'è e l'intenzione di tornare presto è dispersa continuo a salire sul secondo sentiero la pioggia riprende più forte ma mi scivola sopra ormai sono saturo butto i piedi in torrenti estemporanei non fa differenza: li cerco a sguazzare felice. I liquidi interni escono a cercar compagnia: il muco cola indisturbato finalmente affacciato sul mondo, la pisciata chiama e sgorga fumante dalla fontanella rattrappita. Sentiero sconosciuto, alla deriva seguendo l'istinto cinghiale ma tutto finisce sul cemento.
Entro in doccia vestito a riprendere calore e mi spoglio sott'acqua è ormai il mio elemento e ne esco cauto come chi, incerto nel nuoto, entra nel mare.

Non c'è sacrificio, nessuna tabella da rispettare, volontà assente, la testa è altrove, solo emozioni di pelle, brividi, il piacere delle sensazioni forti gorgonzola emozionale mascarpone sintattico scusate non ho voglia di punteggiare.

martedì 21 gennaio 2014

Io mi e me al cross di Capoterra

Il percorso è questo, il sole è quello di due anni fa.
Grazie Antonello per la foto
(
http://www.antonellovargiu.com)
Sole, pioggia, sole. Si preannuncia una bella giornata schizofrenica. Osservo con distacco l'entusiasmo degli atleti e il panico degli organizzatori. Poverini come sono agitati; se non trovano un medico non si può gareggiare. I miei occhi mi guardano stralunati dal lampione: sono anch'io organizzatore e pure atleta ma sono lì tranquillo che chiacchiero. Ecco Stefano:
Alle prossime regionali mi presento candidato ...”
Senti: tu sei medico, vero?”
Si gioca sul filo del voto di scambio ma alla fine la sua disponibilità è sincera come la mia riconoscenza.
Cominciano le gare. Aiuto i giudici federali a dirigere il traffico. I giovani li facciamo girare larghi le donne anziane sul circuito più breve che se devono saltare il fosso ne perdiamo una ad ogni giro.
Tocca agli uomini di mezz'età: mi metto in griglia. Tutto pronto per la partenza. Quasi. Manca solo il segnale di via libera da un fantomatico “addetto al percorso”. Ma che cazzo sta facendo 'sto qua? Vogliamo partire? Finalmente lo chiamano per nome. Sono io. Esco dalla griglia, con un gesto rapido della mano nomino un “vice addetto al percorso” e mi rimetto in griglia. Bang! Sono un po' indietro ma non importa, preferisco partire tranquillo. Il percorso è adagiato su un pendio al 3-4%, continuo sali-scendi, curve secche fra gli ulivi; il terreno, intinto nello scroscio di pioggia, è molle e a tratti scivoloso, i polmoni sputano quantità di anidride carbonica da effetto serra fulminante ma le gambe reggono e pian piano recupero posizioni. Arrivo intorno alla ventesima e, come sacchettaro di talento, agguanto la posizione perfetta: terzo e ultimo dei premiati della mia categoria.
Peccato per il premio. Mi sono sentito un po' umiliato da quella bottiglia di vino da due soldi e quel barattolino di vaselina piccante. Ho protestato con gli organizzatori dicendo "chi è quell'idiota che ha scelto, acquistato, confezionato e trasportato questo sacchetto di m....?" Mi hanno risposto, ridendo, che ero stato io.
Belli i cross, 20 minuti di fuoco e divertimento. Mentre un muscolo si massacra, l'altro si riposa: una staffetta muscolare con continui passaggi di testimone e massaggio fisioterapico incluso nel percorso. Grande, atletica Capoterra, la mia squadra, a volte litigiosa ma dalle risorse incredibili. Ho visto un boschetto di eucalipti trasformarsi in un palco in meno di un'ora, parti della pista da cross nascere, in un paio di giorni, dal sottobosco incolto e altre talmente lisce da poterle correre a piedi nudi.
Bella giornata. Io e mi, l'atleta, abbiamo aspettato me, l'organizzatore, che finisse di togliere i nastri dal circuito. Finalmente, stanchi e soddisfatti, siamo saliti in macchina. Io guidavo, gli altri due si sono addormentati prima che arrivassi a casa … shhhh.

domenica 19 gennaio 2014

Tanti auguri blog!

Oggi il mio blog compie un anno.
Dopo i primi vagiti, pappette, smoccolate, gattonamenti, cadute, versi senza senso, …
un momento che mi sta venendo l'ispirazione … mghrmghrmmm … plop
Lezione di poesia
O poetastri, vi siete persi
e una bella lezione ci vuole:
bim bum bam, questi son versi,
le vostre son solo parole.
Scusate, m'è scappata
… è arrivato il tempo delle prime paroline e dei primi passetti. Non aspettatevi granché: entra or ora nella fase anale, speriamo che almeno impari presto a controllare lo sfintere per evitare le figuracce di cui sopra. Finalmente si sillaberanno le prime vere paroline: senso della vita, bene e male; si faranno passetti importanti: 100km, ultratrail a tappe … queste almeno sono le mie velleità.

Un anno. E' anche il momento di misurare altezza, peso, percentili, proiezioni di crescita. Sono numeri, io amo i numeri, soprattutto gli interi, così precisi, netti e delicati, si rompono facilmente. Eccoli:

133 post
9100 pagine visitate
316 commenti

insomma, i parametri vitali sono buoni.

Analisi delle visite.
Fra i miei grandi sponsor, www.stefanolacara.com batte di poco deandreafausto.blogspot.it 384 a 335. Chiude il podio italianblogtrotters.blogspot.it a 138. Facebook batte d'un pelo twitter 74 a 73 ma entrambi sono sovrastati da re google 855 (.it) e 180 (.com).
Sono davvero pochi quelli finiti fra le grinfie del mio blog mentre cercavano siti sado-maso. Da segnalare solo un simpatico utente che cercava “frantuma la caramella” e deve aver goduto perché l'ha cercato 5 volte.

Esteri: è di nuovo guerra fredda. Gli Usa minacciano con 856 megatoni i russi che rispondono con un arsenale da 682. Il pubblico USA però è principalmente costituito da automi che calcolano statistiche o che cercano parole chiave e svegliano il travet della CIA con un caffè lungo e una carezza metallica solo se trovano parole sospette o battute particolarmente divertenti. Per tornare a “bomba” … sorry man, just kidding … grazie a tutti! Ogni visita è un numerino in più e lo tengo caro nella mia collezione.

sabato 18 gennaio 2014

Buona educazione

Il padre dei miei figli soleva dire:
Smettila di biascicare: tieni la bocca chiusa mentre pensi! Vedi? Stai sputacchiando un bolo di pensieri informi: è disgustoso”
Prima si pensa, poi si parla. Questa è buona educazione.

Diceva anche:
Quando imparerai a fare la cacca che non puzza?”
Smetti di respirare, che stai appannando il parabrezza”


E' anche per questo che i suoi figli lo amano.

giovedì 16 gennaio 2014

Il teorema delle tre tasche

La "via normale" per via Fara 51
Ho fatto cose che voi umani … ovvero: come sono arrivato a 48 anni ad affrontare il primo ironman quasi come fosse una passeggiata.
Sapersela cavare in situazioni difficili, è una qualità che va esercitata, ed è quindi complementare a quella che ti fa evitare i problemi. Chi è sempre riuscito ad evitare problemi, infatti, la prima volta che si dovesse trovare in una situazione davvero difficile rischierebbe di andare in crisi di panico. Io, per fortuna, in situazioni difficili mi ci trovo spesso e ho quindi l'esperienza necessaria per affrontarle con relativa tranquillità.
Una situazione problematica tipica è tornare a casa da una vacanza e non trovare le chiavi. A me è successo tante volte. Una, in particolare, merita di essere raccontata.
Il teorema delle tre tasche
Una sera di fine estate di un'anno di fine anni '90. Sono a Cagliari da solo; Maria e Martino sono rimasti nelle Marche dai miei suoceri. Rientro a casa che ormai è buio. Arrivato davanti alla porta cerco le chiavi nelle tasche dei pantaloni, frugo in quelle del soprabito: niente. Non ci sono. Le ricerco in tutte le tasche, inutilmente. Mi maledico. Ricordo l'ultima volta che avevo perso le chiavi, un paio d'anni prima, la notte trascorsa in hotel aspettando la padrona di casa e il solenne “mai più” pronunciato al check out giurando col portafogli vuoto sul cuore.
Guardo in alto. Secondo piano. Le persiane sono aperte. Basterebbe rompere il vetro. Il balcone dei vicini è collegato al mio da un sottile cornicione e da loro c'è la luce accesa. Non li conosco ma ci voglio provare.
Suono. Mi risponde una bambina. Cerco di spiegarle la situazione. La bimba parla con la mamma e mi apre. E' sempre lei che mi accompagna su al secondo piano. Sento la voce della madre che però non si fa vedere. Sono sul balconcino. La mamma chiama e la bambina rientra. Solo. Il cornicione è sottile, ci sta giusto un piede ma il mio balcone è vicino e ci provo. Esco sul cornicione tenendomi con la mano sinistra al balcone dei vicini, aggiro titubante la grondaia e mi attacco alla ringhiera del mio balconcino con la mano destra. Devo solo scavalcarla ma ho un po' di vertigine e opto per la strategia del verme. Piego il busto a testa in giù dentro al mio balconcino e comincio a strisciare per portar dentro le gambe. Quasi subito, con la testa già nel balcone di casa ma i piedi ancora sospesi nel vuoto e il sedere in mezzo che svetta, la tasca del soprabito si aggancia ad un ferro del balcone e non riesco più ad avanzare. Vorrei tornare indietro ma ho paura di non ritrovare il cornicione. Sono già troppo sbilanciato in avanti. Non so per quanto tempo resto bloccato in quella situazione imbarazzante; non credo molto ma è tempo lentissimo. Potrei urlare per chiedere aiuto ma la dignità mi spinge a fare un ultimo tentativo. Massimo sforzo: sollevo le gambe, mi spingo con le braccia, la tasca si squarcia e finalmente riesco a passare. A questo punto, rompere il vetro ed entrare è un gioco da ragazzi, l'avevo già dovuto fare altre volte. Finalmente in casa. Sapevo di essere pieno di risorse: ce l'ho fatta anche questa volta! Mi rilasso soddisfatto in poltrona, metto una mano in tasca e sento un oggetto metallico! Una vampata di calore mi sale su velocissima dallo stomaco alla testa mentre lo tiro fuori. Lo guardo incredulo: sono le chiavi di casa!
C'è una spiegazione (e non è quella che state pensando tutti).
Il teorema delle 3 tasche. Hai tre tasche e un oggetto nascosto in una delle tre. Controlli la prima, poi controlli la seconda e fino a qui tutto bene. A questo punto controlli la terza. Ci sono però 50 probabilità su 100 che tu stia ricontrollando la prima pensando che sia la terza. La matematica combinatoria, ci dice che la sicurezza di trovare l'oggetto diminuisce esponenzialmente col numero di tasche e tende rapidamente a zero (con più di 4 tasche diventa una missione praticamente impossibile).

Non sono un idiota! E' dimostrato matematicamente! 

martedì 14 gennaio 2014

La testa

L'uomo ha 5 arti (tacciamo, pudicamente, del sesto1) e 7 arti. Farebbero 12 ma le 7 arti femmine stanno sempre lì a chiacchierare, disegnare o suonare: tutta apparenza e poca sostanza2. Considero perciò solo gli arti maschi. In ordine di importanza, abbiamo:
Le 2 gambe.
Le 2 braccia che si limitano a funzioni accessorie come coadiuvare l'equilibrio, d'emergenza come arrancare carponi, o di supporto come firmare assegni.
Infine la testa la cui funzione è ancora misteriosa. Perfino come zavorra è inutile, perché non ce ne si può liberare facilmente per alleggerirsi. Oltre all'inutile peso, è sovente causa d'intralci: dal lieve macchimelofaffare fino al terribile blocco motivazionale.
La testa è l'unico fra gli arti maschi, insieme, forse, al fantomatico sesto, ad apprezzare veramente le arti femmine; in particolare, quando corre, si fa spesso accompagnare da una di queste, musica, portandosela attaccata alle orecchie. In queste condizioni è innocua e si lascia trasportare passivamente ondeggiando lievemente al ritmo del passo.
Purtroppo, a volte, esce dal torpore istituzionale ed esercita il diritto di veto. Con la scusa di “togliere qualche sassolino dalla scarpa”, blocca tutto e pretende che le siano fornite le “motivazioni” dell'azione da intraprendere. In assenza di motivazioni, applica il veto: fa appoggiare il sedere, suo fedelissimo alleato, disattivando in tal modo le gambe.

Vi capita mai il blocco motivazionale descritto qui sopra? Se sì, forse potete liberarvene a la Robespierre, oppure cliccando “testa” nel sondaggio in alto a destra. Clicca che ti passa!

Note:
1 Se ne parla nel film “Il sesto arto” film di genere porno sovrannaturale, prossimamente nei migliori cinema.
2 E' solo uno stupido gioco di parole. Donne, non sto parlando di voi.

Voci correlate:

domenica 12 gennaio 2014

Un blog italiano

Fra una settimana questo blog compirà un anno.
Stefano gli ha fatto un bellissimo regalo per il compleanno inserendolo nella lista dei 9 candidati all'oscar per migliore blog italiano di triathlon”! (http://www.stefanolacara.com/2014/01/oscar-del-triathlon-2014-vota-il.html)
Mi piacerebbe potervi dire con l'orgoglio di un genitore: “votatelo! Così va in finale”, mettermi l'abito da sera e accompagnarlo a Milano col cuore gonfio … ma non posso. Non è di triathlon e non è il migliore. E' un blog italiano e basta. Io non l'ho votato. Non per vendetta, per carità: mi ha preso in giro, mi ha dato del vecchio, mi ha fatto fare brutte figure, inciampare, ma gli voglio bene lo stesso. Una carezza sulla spalla e un sorriso, ecco. Altro che oscar … ma neanche lo zecchino d'oro … gli basti l'affetto sincero mio e dei pochi cari lettori.


Grazie lo stesso Stefano, io ho votato per il tuo!

venerdì 10 gennaio 2014

Clic!

Ecco il primo dei temibili “clic”, quello che risuona nel cervello quando scatta la connessione neurale lubrificata da un robusto cannonau e, attraversando come un brivido la spina dorsale, si trasmette con un movimento del dito, al secondo “clic”, quello del mouse, tasto sinistro, il più pericoloso. “Conferma” “invia” e in un istante l'albero dei futuri possibili si sfronda con un gran fruscìo: a terra tutte le ipotesi di ozio, grand'ozio e ozietto; su restano pochi rami, tutti in salita. Alea iacta est, il mouse è cliccato, il futuro è segnato e io con lui. Le gambe che appena prima erano piacevolmente assopite, si risvegliano piene di dolorini ansiogeni. Ma la testa non recepisce, resta lì stordita dal frastuono di quei clic, in bilico fra presente e futuro, in balia della ricombinazione neuronale che segue ogni mutazione drastica di prospettiva, con un sorriso ebete e gli occhi fissi allo schermo. E lì, profili altimetrici e immagini evocano fatica sicura, probabile sofferenza, fiatone, sudore, brividi, duro granito e io mi chiedo: “è già la terza edizione, come ho fatto a perdermi le prime due?” … profumi, spazi immensi, libertà, leggerezza … già, come ho fatto?
Contemplo l'albero dei futuri adorno di tre nuove gemme

p.s. Dov'è finita l'ironia? L'avevo qui e non la trovo più. Qualcuno l'ha vista?

mercoledì 8 gennaio 2014

Il tallone

Il tallone, quando si corre, non va appoggiato; i kenioti non lo fanno. Se lo appoggi, sei un tapascione; il solo fruscìo del tallone che sfiora il suolo fa rabbrividire qualsiasi allenatore.
In bicicletta è ancora più inutile e resta, come un peso morto, appeso al blocco funzionale piede/pedale. E allora a cosa serve? Solo quando siamo fermi davanti al buffet, ci aiuta a non cadere ma basterebbe una sedia e ne potremmo fare a meno.
Chi ha la possibilità di progettare un piede, lo omette. Non c'è traccia di tallone nelle gambe artificiali di Pistorius.
Proprio per questo l'amiamo: è inutile come un panda, soffre inutilmente e, prima o poi, con l'evoluzione, si staccherà come un'unghia pesta.
Fin dall'antichità si parla del problema. Achille, è risaputo, aveva, come noi, problemi al tallone. Si è dovuto fermare e non ha mai raggiunto la tartaruga. Fine della storia. Altro che paradosso: era una banale tendinite.

Bene, diamo un po' di soddisfazione a quest'inutile sporgenza callosa: votiamola. E' già in netto vantaggio e vaneggia di rottamare gli altri pezzi: pensate, un tallone senza piede, utopia al contrario come piace oggi. Avanti talloniani, sgretoliamo il sistema! Clicca che ti passa!

lunedì 6 gennaio 2014

Il piede

Il piede è un appoggio. Si distingue dal sedere perché è più piccolo e inutilmente complicato. E' infatti pieno di atavismi, retaggi fossili di un passato ormai lontano. Ci sono le dita, con cui non solo non si riesce a prendere niente, ma è anche difficile suonare il piano o comporre un numero di cellulare. Per non parlare delle unghie, il cui unico scopo è diventare blu quando si corre troppo. Per noi corridori, basterebbe una base morbida, un sederino con due cuscinetti su cui appoggiare il peso ammortizzando l'impatto col suolo. Invece è pieno di tendini frustrati che non accettando supinamente il ruolo passivo di cuscinetti, spesso protestano infiammandosi.
Quando mi parlano di fasciti plantari, infiammazioni al calcagno e simili, inizialmente mi sorprendo che esista qualcosa di infiammabile là sotto, poi ricordo un episodio del passato.
Avevo un piede. Bello, sano, giovane. Un giorno, esasperato dal miagolio continuo e querulo di una gatta viziata, le diedi un calcio attraverso il vetro di una portafinestra. Ovviamente ero scalzo. Forse non avevo visto il vetro o, forse, volevo solo fare il gesto del calcio per spaventare la gatta. Non ricordo. Comunque il vetro si ruppe, la gatta imparò a miagolare sottovoce ed io mi ritrovai con un bel taglio sotto la pianta del piede. Quando la ferita si rimarginò, per un po' mi rimase una sensazione di corpo estraneo ma presto dimenticai l'accaduto. Ricominciai a correre e iniziai a fare le prime gare: mezze maratone, poi maratone, triathlon … ogni tanto sentivo dei dolorini sotto la pianta, si infiammava gonfiandosi ma dopo qualche giorno di riposo, passava. Anni dopo, feci una radiografia per una sospetta frattura in seguito ad una caduta. Ricordo ancora il radiologo, radioso, con un sorriso ai raggi x; era davvero contento; dopo una giornata noiosa, finalmente aveva trovato qualcosa di interessante: un bel pezzo di vetro conficcato nell'osso sotto la pianta. Per qualche mese ho continuato a correrci ma la consapevolezza di correre sopra un vetro mi infastidiva; non sono un fachiro e preferisco sempre la morbida terra a braci, chiodi o vetri. Me lo feci togliere e lo conservo ancora in un barattolo. Da allora, il piede non mi ha più dato problemi.
E voi? Anche voi avete una gatta?
Se avete il piede infiammato, non riuscite a metterlo in congelatore e non avete voglia di fermarvi, fate come quel genio di Amundsen, che per risolvere la sua fascite plantare è andato a cercare la più grande borsa del ghiaccio del mondo – il pack antartico – e ci ha corso sopra.
O, se anche questo non dovesse funzionare, quando tornate dal polo sud selezionate la casella “piede” del sondaggio in alto a destra: clicca che ti passa!


Disclaimer: “no animals were harmed in the making of this post, except myself

domenica 5 gennaio 2014

Clicca che ti passa

Anno nuovo, sondaggio nuovo. 6 mesi di tempo per provare a superare l'altissima affluenza del sondaggio vecchio, ben 13 votanti e quorum infranto e infartato.
A grande maggioranza, 9/13 siamo “forrest gump”, niente ci può fermare … o forse sì? Possibile che i tendini di Forrest non abbiano mai protestato?
Il chiacchiericcio che precede la partenza di una gara per me è terapeutico. Anche se mi sento mezzo rotto, infortunato o infiammato, dopo pochi minuti scopro di essere il più sano di tutti. Qualsiasi sia il tendine che mi duole, lo indico dicendo: “quello lì” e tutti lo conoscono per nome, cognome, anatomia e carattere, l'hanno ecografato, risuonato, manipolato, infiltrato o perfino operato.
Allora mi è venuta la curiosità. Qual'è il più bastar... ops … qual'è il vostro tendine preferito? Quello a cui fate le coccole, mettete il ghiaccetto, cantate la ninnananna? Siccome esiste una quantità spropositata di tendini e quasi tutti con mania di protagonismo, per semplicità (e per ignoranza) li raggruppo geograficamente in ginocchio, tallone, piede, testa (sì, testa, perché? non vi capita mai di non riuscire ad alzarvi o di dovervi fermare per tendinite motivazionale acuta?) altro, e NESSUNO. Se siete così fortunati da cliccare “nessuno” avrete poi sei mesi di tempo per cambiare risposta …
Io preferisco il tallone, lo dico piano per non ingelosire il ginocchio, l'ho più caro forse perché è l'ultimo e spero che con questo clic si senta appagato e mi lasci correre tranquillo. Fallo anche tu: clicca che ti passa.
A breve, per chi non sapesse di cosa sto parlando, una breve descrizione anatomico-sentimentale dei vari pezzi. Comincio col ginocchio, riprendendo un estratto della descrizione che avevo scritto lo scorso aprile, quando era il mio preferito.

Ginocchio

Noi, gli stessi che il giorno prima si lanciavano giù di corsa per sentieri sconnessi saltando agilmente radici e sassi, la mattina, scendiamo la scala interna di casa appesi alla ringhiera per alleggerire il carico sulle gambe, facendo due passi per ogni gradino e facendo la conta per decidere quale sarà la gamba che dovrà scendere per prima il prossimo. Di solito, sono solo i muscoli un po' cristallizzati dal riposo notturno e basta scaldarli un minutino al microonde perché si sciolgano e ricomincino a funzionare.
Qualche volta, però, i fastidi non spariscono con il riscaldamento e se provate a usare il grill e cominciate a sentire odore di pollo arrosto, state solo peggiorando la situazione. Se va bene è un risentimento muscolare, se va male è un tendine se va peggio è il ginocchio.
Comunque, "fra il sapere e il non sapere", come disse una volta il genio del villaggio, "se il caldo non funziona proviamo col freddo". Lui stesso, dopo lunghe riflessioni, capì che mettere il ginocchio in frigo era troppo complicato. E allora scoprì il ghiaccio!
E invece quell'altro, lo scemo, diceva: "se correre fa male, il riposo fa bene". Non aveva capito niente. Se correre fa male ... si va in bici!