Il filo su cui
camminiamo in equilibrio da ragazzi, con gli anni, si intreccia in
una tela che ci avvolge comoda e rassicurante, in attesa del grande
ragno.
Equilibrio instabile. Io, quando
parlo di un fazzoletto, parlo di un pezzetto di stoffa, di un rifugio
per ficcanaso, di quell'oggetto misterioso di cui Martino non ha
ancora capito la funzione (provate voi a spiegargli perché non si
usa la manica). Per Maria invece il fazzoletto è parte di una trama
che lega indissolubilmente tutti gli oggetti, le persone e gli
avvenimenti che hanno avuto a
che fare con lei. Alla domanda “perché hai preso i miei
fazzoletti?” potrebbe rispondere con “e tu perché quella volta
...” e, replicando alla mia risposta, riuscirebbe ad allargare
ulteriormente l'ambito della questione mettendo in discussione tutto
quel mondo e l'equilibrio su cui si regge la mia comoda ragnatela.
La cronaca. Da qualche tempo
avevo notato che la grande scorta di fazzoletti che mi ero fatto
svuotando il cassetto di mio padre cominciava a scemare.
Oggi ho cercato di risolvere il
mistero, andando a rovistare prima nei cassetti dei ragazzi, e
finalmente in quelli di Maria. Ed è lì che, con mia sorpresa, ne ho
trovati 3 ben sistemati in una scatolina proprio come se fossero
stati suoi. Me li prendo, uno lo metto in tasca e infilo gli altri
due nel gran mucchio del mio vestiario pulito, in zona “biancheria”
(sulle le pendici meridionali del mucchio) e penso “ora glielo dico
e chiariamo la situazione”. Sento uno scricchiolio. Il filo si sta
tendendo e per evitare il rischio di spezzarlo decido che è meglio
tacere e ricomprarli. La tensione cala. Ora la tela mi avvolge
comoda.
Nessun commento:
Posta un commento